Acqua bene primario che non tutti possiedono

518

Acqua – Nel bel mezzo della più grave pandemia dal secondo dopoguerra, oltre 1 persona su 3 (circa 2,2 miliardi di persone) non ha accesso a fonti d’acqua sicure, mentre 1 su 2 (circa 4,2 miliardi) è costretta a vivere senza poter contare su servizi igienico-sanitari adeguati. Ben 3 miliardi di persone non hanno acqua corrente e sapone anche solo per lavarsi le mani nella propria abitazione, prevenendo così il contagio da coronavirus o altre malattie.

Una crescente emergenza globale – fotografata in un nuovo rapporto – che già prima dell’emergenza Covid, causava ogni anno la morte di circa 780 mila persone, costrette a bere e lavarsi con acqua sporca o contaminata, con 297.000 bambini sotto i 5 anni – oltre 800 al giorno – colpiti da malattie ed epidemie.

Tra le prime vittime quelli che vivono in paesi messi in ginocchio da conflitti, che hanno distrutto ospedali e infrastrutture, oppure sottoposti al perdurare di malattie preesistenti allo scoppio della pandemia, come a crisi economiche che impediscono l’accesso a beni e servizi essenziali. In media in paesi come Yemen o Siria, e in molti paesi dell’Africa, un bambino sotto i 5 anni ha una probabilità 20 volte maggiore di morire per l’uso di acqua contaminata, che a causa di conflitti e violenza. A livello globale si tratta di circa 2 miliardi di persone, che allo scoppio della pandemia, si trovavano intrappolate in zone di conflitto: uomini, donne e bambini al momento costretti a sopravvivere, nella migliore delle ipotesi, in contesti dove fragili cessate il fuoco raggiunti negli ultimi mesi dopo l’appello delle Nazioni Unite, possono essere infranti da un momento all’altro.

Per assicurare acqua pulita e servizi igienico-sanitari adeguati a quante più persone possibile, prevenendo un’ulteriore diffusione della pandemia in paesi del tutto impreparati, Oxfam Italia – organizzazione che si batte contro l’ingiustizia di povertà e disuguaglianza – lancia la campagna di raccolta fondi DONA ACQUA, SALVA UNA VITA.

“Dallo scoppio della pandemia lo scorso marzo abbiamo agito per prevenire il contagio nelle più gravi emergenze umanitarie del mondo, con l’obiettivo di non lasciare indietro nessuno”, spiega Sabina Siniscalchi, presidente di Oxfam Italia. “Se in Europa, in paesi come l’Italia, la seconda ondata di contagi da Covid rischia di mandare in tilt il nostro sistema sanitario, immaginate l’impatto che può avere in paesi in conflitto, dove le poche strutture sanitarie funzionanti, già prima della pandemia, non riuscivano a rispondere ai bisogni della popolazione. In contesti dove mancano strumenti di protezione e possibilità di distanziamento, posti negli ospedali e capacità di tracciare i contagi, l’unico strumento per difendersi dal coronavirus, oltre che da malattie come il colera, è aver accesso ad acqua pulita e servizi igienico-sanitari essenziali. La nostra Campagna vuole raggiungere quante più persone possibile, a partire dai bambini, che soffrono più di tutti gli altri, e dalle donne, le prime a provvedere al fabbisogno della famiglia, spesso costrette a lunghi tragitti quotidiani per procurare quel minimo di acqua pulita necessaria”.

Ecco alcuni degli esempi più gravi.

Mentre gli scontri non si fermano, l’impatto della pandemia sta portando lo Yemen al collasso. Cinque anni e mezzo di conflitto hanno causato oltre 100 mila vittime, di cui almeno 12 mila civili, distrutto metà delle strutture sanitarie e le infrastrutture idriche essenziali. Allo stesso tempo, la chiusura a intermittenza dei principali porti e punti di rifornimento di beni di prima necessità ha portato oltre 24 milioni di persone (l’80% della popolazione) a dover dipendere dagli aiuti umanitari per sopravvivere, con oltre 20 milioni di yemeniti che non hanno accesso ad acqua pulita e servizi igienico-sanitari e 18 milioni a cure di base.

La popolazione è stremata, e oggi deve affrontare senza mezzi il contagio da Covid19, oltre che la più grave epidemia di colera di sempre, con più di 2,3 milioni di casi, di cui 150 mila solo nei primi 6 mesi del 2020. I pochi ospedali in funzione presi d’assalto non riescono a gestire i bisogni, mentre il virus si diffonde in gran parte del Paese, con gli oltre 2 mila casi registrati ufficialmente, che rappresentano solo una piccola parte della reale estensione della pandemia, nella quasi totale carenza di test e tamponi. Mentre nell’area densamente popolata di Aden si va registrando un aumento esponenziale dei tassi di mortalità, con ogni probabilità dovuto proprio al coronavirus.

A quasi 10 anni dall’inizio della guerra che ha devastato la Siria, la popolazione sta affrontando l’emergenza Coronavirus, con metà delle strutture sanitarie non funzionanti e quelle rimaste spesso colpite da attacchi armati (25 da gennaio), buona parte delle infrastrutture idriche distrutte e una gravissima crisi economica che ha fatto schizzare alle stelle i prezzi di medicine, cibo e beni essenziali.
Al momento più di 11 milioni di siriani dipendono dagli aiuti, oltre 15 milioni e mezzo non hanno accesso ad acqua pulita per prevenire malattie come tifo, colera, dissenteria e adesso il Covid 19, che ha già fatto registrare ufficialmente oltre 6 mila contagi (anche in questo caso numero certamente in difetto per la mancanza di test). La mancanza d’acqua è particolarmente acuta nella zona di Aleppo, dove è possibile rifornirsi solo con autocisterne; mentre nel Governatorato di Deir-ez-Zor, le stazioni di pompaggio al servizio di oltre 1 milione di persone sono state distrutte dai bombardamenti.

In Medioriente anche Iraq e Libano rischiano di rimanere schiacciati dall’emergenza Covid. Qui dopo anni di conflitto e crisi economica, migliaia di famiglie non hanno più una casa o accesso a servizi essenziali, e si trovano nell’impossibilità di mantenere il necessario distanziamento fisico. In Iraq – dove i primi casi sono scoppiati proprio nei campi profughi che ospitano 1,2 milioni di sfollati – al momento si contano oltre 500 mila contagi. Dopo la fine della guerra con l’Isis, milioni di persone hanno fatto ritorno alle proprie case, ma la loro situazione è disperata per mancanza di acqua ed elettricità, di un riparo sicuro, servizi di base, protezione e opportunità di lavoro. In Libano, oltre 872 mila profughi siriani vivono l’ennesimo disastro umanitario, perché con oltre 83 mila contagi, il paese si trova ad affrontare l’emergenza coronavirus in un default reso ancora più grave dall’esplosione del porto di Beirut del 4 agosto scorso. Un’emergenza che rischia di precipitare colpendo soprattutto le fasce di popolazione più fragili, con i rifugiati siriani che rappresentano circa il 13% della popolazione totale, costretti a sopravvivere in condizioni sempre più critiche nei campi informali sparsi sul territorio.

Con la Campagna di raccolta fondi DONA ACQUA, SALVA UNA VITA, Oxfam intende raggiungere oltre 60 mila persone, portando acqua potabile e servizi igienico-sanitari alle comunità più vulnerabili, con l’obiettivo di salvare vite e impedire il diffondersi del Covid-19 e altre malattie infettive.

“Grazie ai fondi raccolti con la Campagna, – conclude Siniscalchi – potremo continuare a portare acqua pulita in Siria, nei Governatorati di Aleppo e Deir-ez-Zor; in Sudan, nel campo profughi di Sortony, nel Nord Darfur, e nei campi nell’Est Darfur, dove decine di migliaia di sfollati hanno trovato scampo dalla violenza. In Yemen, nei Territori Occupati Palestinesi, e in Iraq, dove affiancheremo i nostri interventi per garantire acqua e servizi igienico-sanitari alle comunità più vulnerabili, con progetti in sostegno dei diritti delle donne. In Libano, infine, interverremo per offrire un reddito dignitoso ai rifugiati siriani e alle comunità ospitanti – attraverso lavori socialmente utili – in un’area come quella della città di Tripoli, dove la maggioranza dei rifugiati siriani lavora in via informale e percepisce un salario che è il 38% inferiore al minimo previsto dalla legge, quando non è disoccupata e quindi totalmente dipendente dagli aiuti umanitari”.
Fino al 5 dicembre sarà quindi possibile donare 2 euro con sms al 45584, 5 e 10 euro con una telfonata al medesimo numero telefonico.




Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *