Papa Francesco ed i talenti

586

Papa – Nella penultima domenica dell’anno liturgico e IV Giornata mondiale dei poveri, Pap0a Francesco, al termine della Messa celebrata nella Basilica di San Pietro con un centinaio tra volontari e indigenti in rappresentanza di milioni di persone bisognose del mondo, torna a rivolgersi alla cristianità per la recita dell’Angelus.
“In questa penultima domenica dell’anno liturgico, il Vangelo ci presenta la celebre parabola dei talenti (cfr Mt 25,14-30). Fa parte del discorso di Gesù sugli ultimi tempi, che precede immediatamente la sua passione, morte e risurrezione. La parabola racconta di un ricco signore che deve partire e, prevedendo una lunga assenza, affida i suoi beni a tre dei suoi servi: al primo affida cinque talenti, al secondo due, al terzo uno. Gesù specifica che la distribuzione è fatta «secondo le capacità di ciascuno» (v. 15). Così fa il Signore con tutti noi: ci conosce bene, sa che non siamo uguali e non vuole privilegiare nessuno a scapito degli altri, ma affida a ciascuno un capitale commisurato alle capacità.
Durante l’assenza del padrone, i primi due servi si danno molto da fare, sino al punto di raddoppiare la somma loro affidata. Non così il terzo servo, il quale nasconde il talento in una buca: per evitare rischi, lo lascia lì, al riparo dai ladri, ma senza farlo fruttare. Arriva il momento del ritorno del padrone, il quale chiama i servi al rendiconto. I primi due presentano il buon frutto del loro impegno, hanno lavorato e il padrone li loda, li ricompensa e li invita a partecipare alla sua festa, alla sua gioia. Il terzo, invece, accorgendosi di essere in difetto, comincia subito a giustificarsi, dicendo: «Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo» (vv. 24-25). Si difende della sua pigrizia accusando il padrone di essere “duro”. Questa è un’abitudine che anche noi abbiamo: ci difendiamo, tante volte, accusando gli altri. Ma loro non hanno colpa: la colpa è nostra, il difetto è nostro. E questo servo accusa gli altri, accusa il padrone per giustificarsi. Anche noi, tante volte, facciamo lo stesso. Allora il padrone lo rimprovera: lo chiama servo «malvagio e pigro» (v. 26); gli fa togliere il talento e lo fa gettare fuori dalla sua casa.
Questa parabola vale per tutti ma, come sempre, in particolare per i cristiani. Anche oggi ha tanta attualità: oggi, che è la Giornata dei Poveri, dove la Chiesa dice a noi cristiani: “Tendi la mano al povero. Tendi la tua mano al povero. Non sei solo nella vita: c’è gente che ha bisogno di te. Non essere egoista, tendi la mano al povero”. Tutti abbiamo ricevuto da Dio un “patrimonio” come esseri umani, una ricchezza umana, qualunque sia. E come discepoli di Cristo, abbiamo ricevuto anche la fede, il Vangelo, lo Spirito Santo, i Sacramenti e tante altre cose. Questi doni bisogna utilizzarli per operare il bene, per operare il bene in questa vita, come servizio a Dio e ai fratelli. E oggi la Chiesa ti dice, ci dice: “Utilizza quello che ti ha dato Dio e guarda i poveri. Guarda: ce ne sono tanti; anche nelle nostre città, nel centro della nostra città, sono tanti. Fate il bene!”.
Noi, a volte, pensiamo che essere cristiani sia non fare del male. E non fare del male è buono. Ma non fare del bene, non è buono. Noi dobbiamo fare del bene, uscire da noi stessi e guardare, guardare coloro che hanno più bisogno. C’è tanta fame, anche nel cuore delle nostre città, e tante volte noi entriamo in quella logica dell’indifferenza: il povero è lì, e guardiamo da un’altra parte. Tendi la tua mano al povero: è Cristo. Alcuni dicono: “Ma questi preti, questi vescovi che parlano dei poveri, dei poveri… Noi vogliamo che ci parlino della vita eterna!”. Guarda, fratello e sorella, i poveri sono al centro del Vangelo; è Gesù che ci ha insegnato a parlare ai poveri, è Gesù che è venuto per i poveri. Tendi la tua mano al povero. Hai ricevuto tante cose, e tu lasci che tuo fratello, tua sorella muoia di fame? Cari fratelli e sorelle, ognuno dica nel suo cuore questo che Gesù ci dice oggi, ripeta nel suo cuore: “Tendi la tua mano al povero”. E ci dice un’altra cosa, Gesù: “Sai, il povero sono io”. Gesù ci dice questo: “Il povero sono io”. La Vergine Maria ha ricevuto un grande dono: Gesù stesso, ma non l’ha tenuto per sé, lo ha dato al mondo, al suo popolo. Impariamo da lei a tendere la mano ai poveri”.
Al termine della catechesi centrata nuovamente sulla parabola dei talenti, cuore del Vangelo odierno, e su quel servizio a Dio e ai fratelli che ci rende veri cristiani, il Papa, continuando a ripetere il tema della Giornata “Tendi la tua mano al povero”, si volge col pensiero a coloro che nel mondo subiscono anche le conseguenze di guerre e disastri ambientali. Francesco esprime quindi tutta la sua vicinanza alle popolazioni delle Filippine devastate dal passaggio dei tifoni di queste ultime settimane, portando la sua solidarietà a chi non ha nulla e ai soccorritori:
Sono vicino con la preghiera alle popolazioni delle Filippine, che soffrono a causa delle distruzioni e soprattutto delle inondazioni provocate da un forte tifone. Esprimo la mia solidarietà alle famiglie più povere ed esposte a queste calamità, e il mio sostegno a quanti si prodigano per soccorrerle.
Ricordiamo che nelle ultime due settimane le Fillippine sono state flagellate dal devastante passaggio di due tifoni stagionali. Ad inizio mesi il Goni, che ha causato almeno 26 decessi e un milione di sfollati, e nei giorni scorsi il tifone Vamco che ha riportato morte e distruzione sull’arcipelago, con un bilancio di almeno 42 morti e 20 dispersi. Prima che il secondo tifone colpisse le zone costiere più di 400.000 persone sono state evacuate e portate in salvo. Almeno 3,8 milioni di famiglie sono rimaste senza elettricità nella capitale e nelle province periferiche. Gli uffici governativi sono stati chiusi e la maggior parte delle lezioni è stata sospesa oggi. Le Filippine sono colpite da circa 20 tifoni e tempeste tropicali ogni anno e hanno anche faglie sismiche attive e vulcani, rendendole uno dei paesi più a rischio di disastri ambientali al mondo. La Caritas di Manila sta già inviando aiuti nelle diocesi più colpite.
Poi lo sguardo del Papa va alla Costa D’Avorio, dove oggi si celebra la Giornata nazionale della pace, in un contesto purtroppo in cui “tensioni sociali e politiche” hanno già causato molte vittime. Il forte incoraggiamento di Francesco va a tutti gli attori nazionali e internazionali che possono operare per il bene del Paese:
Mi unisco alla preghiera per ottenere dal Signore il dono della concordia nazionale, ed esorto tutti i figli e le figlie di quel caro Paese a collaborare responsabilmente per la riconciliazione e una convivenza serena. Incoraggio, in particolare, i diversi attori politici a ristabilire un clima di fiducia reciproca e di dialogo, nella ricerca di soluzioni giuste che tutelino e promuovano il bene comune.
Tentativi di dialogo nello Stato africano dopo le presidenziali
Nel Paese africano ricordato dal Papa,dopo la rielezione del presidente Ouattara il 31 ottobre scorso, si sono acuite proteste e tensioni sociali dovute al fatto che i leader dell’opposizione hanno respinto il voto, accusando il capo dello Stato di aver violato il limite di due mandati per la presidenza. Almeno tre persone sono state uccise e 26 sono rimaste ferite nella città centro-orientale di M’Batto tra lunedì e martedì in violenze tra comunità etniche rivali, mentre più di 8.000 ivoriani sono fuggiti nei Paesi vicini.
Prima di congedarsi dalla Piazza, il Papa ha voluto invitare tutti a far risuonare nel proprio cuore la “voce della Chiesa” che ripete oggi: “Tendi la tua mano al povero, perché, sai? il povero è Cristo”. Così in precedenza anche nella riflessione che ha accompagnato l’Angelus spiegando come la parabola dei talenti sia un insegnamento per tutti ma in particolare per i cristiani. Il patrimonio che Dio ha affidato a ciascuno all’inizio della vita, va fatto fruttare, non va nascosto come ha fatto il terzo dei servi della parabola. In lui un atteggiamento, ha sottolineato il Papa, che si riscontra in molti:
Si difende della sua pigrizia accusando il padrone di essere “duro”. Questa è un’abitudine che noi, anche, abbiamo: noi ci difendiamo, tante volte, accusando gli altri. Ma loro non hanno colpa: la colpa è nostra, il difetto è nostro. E questo servo accusa gli altri, accusa il padrone per giustificarsi. Anche noi, tante volte, facciamo lo stesso. Allora il padrone lo rimprovera: lo chiama servo “malvagio e pigro”; gli fa togliere il talento e lo fa gettare fuori dalla sua casa.
Dunque, usare il nostro patrimonio per operare il bene in questa vita “come servizio a Dio e ai fratelli” inziando, dice il Papa, dalle nostre città dove, se non abbiamo lo sguardo egoista, vediamo quante persono hanno bisogno di noi.




Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *