Papa – Durante l’udienza generale il Papa parla di Cristo nel giorno del suo battesimo al Giordano, in un momento penitenziale. Con la sua preghiera, spiega, ha aperto una “breccia” nel cielo per portare a Dio anche quelli che non si sentono degni, in qualsiasi situazione della vita.
La prima preghiera di Gesù è “con i peccatori del popolo di Dio”, sulle rive del Giordano, nel giorno del suo battesimo: un gesto “non per sé stesso, ma per tutti noi”. Ci indica la strada per “un dialogo d’amore col Padre”, anche nei momenti più bui della vita. Così Papa Francesco prosegue l’itinerario di catechesi sulla preghiera con i fedeli presenti all’udienza generale in aula Paolo VI e collegati attraverso i media.
E questo è contro le cure, le precauzioni che dobbiamo avere davanti a questa “signora” che si chiama Covid e che ci fa tanto male. Per questo, scusatemi se io non scendo a salutarvi: vi saluto da qui ma vi porto nel cuore, a tutti. E voi, portatemi nel cuore a me, e pregate per me. A distanza, si può pregare uno per l’altro.
Cristo, spiega il Pontefice, “prega con i peccatori del popolo di Dio” anche se è “il Giusto, non è peccatore”, e quando noi preghiamo, lui è con noi, e prega per noi. Non preghiamo mai da soli. Non rimane sulla sponda opposta del fiume”, non vuole apparire diverso e distante “dal popolo disobbediente, ma immerge i suoi piedi nelle stesse acque di purificazione”. Si fa “come un peccatore”.
Gesù non è un Dio lontano, e non può esserlo. L’incarnazione lo ha rivelato in modo compiuto e umanamente impensabile. Così, inaugurando la sua missione, Gesù si mette a capofila di un popolo di penitenti, come incaricandosi di aprire una breccia attraverso la quale tutti quanti noi, dopo di Lui, dobbiamo avere il coraggio di passare. La strada è difficile, ma lui va, aprendo il cammino.
Come spiega il Catechismo, al numero 2599: “La preghiera filiale, che il Padre aspettava dai suoi figli, è finalmente vissuta dallo stesso Figlio unigenito nella sua umanità, con gli uomini e per gli uomini”. Mettiamo questo nella testa e nel cuore: Gesù prega con noi. Con Gesù, sul Giordano, prosegue Papa Francesco, c’è tutta l’umanità. “C’è soprattutto il popolo dei peccatori: quelli che pensavano di non poter essere amati da Dio, quelli che non osavano andare al di là della soglia del tempio, quelli che non pregavano perché non se ne sentivano degni”. Gesù è venuto per tutti, anche per loro, e comincia proprio insieme a loro. Come un “capofila”.
Ed è l’evangelista Luca che evidenzia il clima di preghiera di quel giorno, e che, mentre Gesù pregava “il cielo si aprì”. Pregando, commenta il Papa, “Gesù apre la porta dei cieli, e da quella breccia discende lo Spirito Santo”. E una voce proclama: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”.
Una frase che “ci fa intuire qualcosa del mistero di Gesù e del suo cuore sempre rivolto al Padre”:
Nel turbinio della vita e del mondo che arriverà a condannarlo, anche nelle esperienze più dure e tristi che dovrà sopportare, anche quando sperimenta di non avere un posto dove posare il capo, anche quando attorno a Lui si scatenano l’odio e la persecuzione, Gesù non è mai senza il rifugio di una dimora: abita eternamente nel Padre.
Con quella preghiera, chiarisce Papa Francesco, lo Spirito Santo prende possesso della persona di Gesù, ed è una preghiera “totalmente personale, e così sarà per tutta la sua vita terrena”, ma nella Pentecoste diventerà per grazia la preghiera di tutti i battezzati in Cristo. Gesù stesso ha ottenuto per noi questo dono, “e ci invita a pregare così come Lui pregava”.
Per questo, prosegue ancora il Pontefice, “se in una sera di orazione ci sentiamo fiacchi e vuoti”, e “ci sembra che la vita sia stata del tutto inutile”, dobbiamo supplicare “che la preghiera di Gesù diventi anche la nostra”. Se pensiamo, oggi “non me la sento, sono indegno”, diciamo “che la tua preghiera, Gesù, sia la mia”. E affidiamoci a Lui, perché preghi per noi.
Lui in questo momento è davanti al Padre pregando per noi, è l’intercessore; fa vedere al Padre le piaghe, per noi. Abbiamo fiducia in questo, e grande. Udremo allora, se noi abbiamo fiducia, udremo allora una voce dal cielo, più forte di quella che sale dai bassifondi di noi stessi, e sentiremo questa voce bisbigliare parole di tenerezza: “Tu sei l’amato di Dio, tu sei figlio, tu sei la gioia del Padre dei cieli”.
Parole del Padre che sono per ciascuno di noi, conclude Papa Francesco, “anche se fossimo respinti da tutti, peccatori della peggior specie”. Perché “Gesù non scese nelle acque del Giordano per sé stesso, ma per tutti noi”. Il popolo penitente con Lui, aveva “nuda l’anima e nudi i piedi. Per pregare ci vuole umiltà”. Cristo Ha aperto i cieli, come Mosè le acque del mar Rosso, “perché tutti noi potessimo transitare dietro di Lui”.
Gesù ci ha regalato la sua stessa preghiera, “che è il suo dialogo d’amore con il Padre”, come un seme della Trinità, “che vuole attecchire nel nostro cuore. Accogliamolo! Accogliamo questo dono, il dono della preghiera. Sempre con Lui. E non sbaglieremo. Grazie”.
“Mi unisco al dolore delle famiglie dei giovani studenti barbaramente uccisi sabato scorso a Kumba, in Camerun. Provo grande sconcerto per un atto tanto crudele e insensato, che ha strappato alla vita i piccoli innocenti mentre seguivano le lezioni a scuola”. Questo l’appello di Papa Francesco al termine dell’udienza generale di oggi, in riferimento alla strage in cui otto bambini hanno perso la vita e dodici sono stati feriti in un attacco armato alla scuola bilingue internazionale “Mother Francisca”, attribuito ai separatisti anglofoni nel sud-ovest del Paese.“Che Dio illumini i cuori”, ha ribadito Francesco, “perché gesti simili non siano mai più ripetuti e perché le martoriate regioni del nord-ovest e del sud ovest del Camerun possano finalmente ritrovare la pace!”. L’auspicio del Pontefice è “che le armi tacciano e che possa essere garantita la sicurezza di tutti e il diritto di ciascun giovane all’educazione e al futuro”.
“Vorrei ringraziare il Santo Padre per aver condannato questo atto barbarico” è stato il commento all’appello del Papa del vescovo di Kumba, monsignor Agapitus Enuyehnyoh Nfon. La gente di Kumba si è sentita veramente consolata delle parole del Papa, ha detto a Vatican News il presule. La notizia della strage è stata un colpo al cuore per tutta la comunità, che adesso è in lutto, ha ribadito, tanto che ora la gente ha paura di mandare i propri figli a scuola. Sulla situazione generale nel Paese, monsignor Nfon ha sottolineato la situazione degli sfollati che vivono in miseria a causa del conflitto e ricordato l’appello dei vescovi del Camerun a un dialogo inclusivo per porre fine al conflitto: “non possiamo trovare pace, giustizia e tranquillità finchè si combatte”.