15 Ottobre 1987: l’assassinio di Thomas Isidore Noël Sankara

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Sankara – La storia ci narra spesso vite di personaggi che hanno cambiato i destini dei propri paesi e certamente uno di questi casi è quello diThomas Isidore Noël Sankara (Yako, 21 dicembre 1949 – Ouagadougou, 15 ottobre 1987) definito un militare e patriota burkinabé.
Conosciuto anche come Tom Sank, è stato un leader carismatico per tutta l’Africa occidentale sub-sahariana. Cambiò il nome di Alto Volta in Burkina Faso e si impegnò per eliminare la povertà attraverso il taglio degli sprechi statali e la soppressione dei privilegi delle classi agiate. Finanziò un ampio sistema di riforme sociali incentrato sulla costruzione di scuole, ospedali e case per la popolazione estremamente povera, oltre a un’importante lotta alla desertificazione con il piantamento di milioni di alberi nel Sahel.
Il suo rifiuto di pagare il debito estero di epoca coloniale, insieme al tentativo di rendere il Burkina autosufficiente e libero da importazioni forzate, attirò le antipatie di Stati Uniti d’America, Francia e Inghilterra, oltre che di numerosi paesi circostanti. Questo sfociò nel colpo di Stato del 15 ottobre 1987, in cui all’età di 37 anni il giovane capitano Sankara fu assassinato dal proprio vice, Blaise Compaoré,


È celebre soprattutto per il suo discorso all’Organizzazione dell’Unità Africana contro imperialismo e neocolonialismo e per essere stato il primo Presidente africano a riconoscere l’AIDS come grave piaga sociale, lanciando un’efficace campagna di prevenzione. Rinunciò a qualunque beneficio personale come Presidente del Burkina Faso e, al momento della morte, gli unici beni in suo possesso erano un piccolo conto in banca di circa 150 dollari, una chitarra e la casa in cui era cresciuto.
I genitori lo incoraggiarono a farsi prete, ma fallito il tentativo di iscriversi a medicina scelse la carriera militare presso la scuola di Prytanée di Kadiogo e, a 19 anni, si trasferì in Madagascar, dove ricevette una formazione da ufficiale dell’esercito e dove poté assistere alle rivolte del 1971 e del 1972 contro il presidente Philibert Tsiranana. In Madagascar si avvicinò alle teorie marxiste e leniniste di Adama Touré (militante del Partito africano dell’indipendenza), che influenzarono il resto della sua vita[5]. Divenne caporedattore del giornale scolastico, il Club dell’informazione. Ritornò in Alto Volta nel 1972 e partecipò a una guerriglia al confine tra lo Stato natale e il Mali, salvo poi aderire al pacifismo, ritenendo i conflitti “inutili e ingiusti.

Nel 1976 divenne comandante del centro di addestramento dell’esercito a Pô. In quel periodo, durante la presidenza del colonnello Saye Zerbo, salito al potere dopo un colpo di Stato e con cui Sankara era in aperto contrasto[7], formò insieme ad altri giovani ufficiali, tra cui Blaise Compaoré, un’organizzazione segreta chiamata Regroupement des Officiers Communistes (ROC), cioè Gruppo degli Ufficiali Comunisti. Per attutire la tensione, Sankara venne nominato Segretario di Stato nel settembre 1981, ma rassegnò le dimissioni il 21 aprile 1982, in disaccordo con il regime, secondo lui troppo lontano dalle esigenze della popolazione. Va inoltre detto che tutte le iniziative da lui proposte durante il suo periodo di Segretario di Stato furono ignorate, e bastarono pochi mesi perché Sankara si rendesse conto dell’incompatibilità del suo modo di vivere e fare politica rispetto a quello degli altri esponenti del governo. Di fronte al lusso esagerato in cui vivevano le alte sfere dell’esercito, Sankara mostrava infatti una semplicità più unica che rara, tanto da presentarsi in bicicletta alla prima riunione di governo subito dopo la nomina. Le successive inevitabili dimissioni e l’arresto del giovane capitano furono accompagnate da una frase, pronunciata alla radio, che lo rese presto celebre: “Guai a prendere in giro il popolo”. Dopo un colpo di Stato nel novembre 1982 che portò al potere Ouedraogo questi non potendo ignorare la sua popolarità nell’esercito e in parte della popolazione, lo nominò Primo Ministro (Sankara rifiutò l’offerta di presidente).

In quest’ultimo periodo il giovane capitano riuscì ad allargare notevolmente le simpatie intorno alla sua persona, in forza di un modo di esprimersi semplice, tagliente ed efficace, e di un carattere che sembrava autenticamente vicino alle richieste delle fasce più deboli della popolazione. A rafforzare queste impressioni c’era anche la già accennata diversità nello stile di vita di Sankara rispetto a quello delle altre figure di governo. Il contrasto tra Ouédraogo e il suo primo ministro in un clima di crescente malcontento popolare e di manifestazioni di piazza portò però di nuovo alla destituzione e agli arresti domiciliari di Sankara e di altri esponenti della sua corrente in seguito alla visita[non è chiaro il nesso tra le due cose] di Jean-Christophe Mitterrand, figlio dell’allora presidente francese François Mitterrand. L’arresto di Sankara e di altri suoi compagni causò una rivolta popolare che alla fine lo liberò.

Nell’agosto del 1983 divenne presidente all’età di 35 anni, in seguito al colpo di Stato contro Jean-Baptiste Ouédraogo guidato dall’amico Compaoré, con l’appoggio della Libia. Esattamente un anno dopo il suo insediamento, nel 1984, cambiò il nome del Paese in Burkina Faso, che in More e Djoula, i due idiomi più diffusi nella nazione, significa “Terra degli uomini integri”. Cambiò inoltre la bandiera e lo stemma nazionale e scrisse un nuovo inno, Une Seule Nuit.
Nel dicembre 1985 fu organizzato il censimento generale della popolazione burkinabé. Per errore, gli addetti al censimento sconfinarono in Mali, causando l’ira dei vertici di Stato del Paese maliano, che fecero pressione su Sankara. Le ostilità sfociarono in un conflitto, noto come “Guerra di Natale”, che durò cinque giorni e che causò 100 morti, perlopiù nella città di Ouahigouya, bersagliata dagli aerei militari maliani. All’ONU il Burkina votò per l’indipendenza della Nuova Caledonia, condannò l’Operazione Urgent Fury degli USA e l’invasione dell’Afghanistan da parte dei sovietici.

Dopo numerosi attacchi al presidente francese Mitterrand, reo di appoggiare il governo di Pieter Willem Botha in Sudafrica, e dopo aver rifiutato l’appoggio militare a Charles Taylor, Sankara venne ucciso il 15 ottobre 1987 insieme a dodici ufficiali (Noufou Sawadogo, Amadé Sawadogo, Abdoulaye Guem, Der Somda, Wallilaye Ouédraogo, Emmanuel Bationo, Paténema Soré, Frédéric Kiemdé, Bonaventure Compaoré, Paulin Bamouni, Christophe Saba, Sibiri Zagré), in un colpo di Stato organizzato dall’ex-compagno d’armi e collaboratore Blaise Compaoré.
La tesi più accreditata, sostenuta da un testimone oculare è che Sankara e Compaoré la sera dell’uccisione stessero discutendo animatamente intorno ad un tavolo, con il presidente che accusava il collaboratore di essere un traditore. Improvvisamente, Compaoré avrebbe preso il suo revolver e avrebbe sparato due colpi, mortali, al petto di Sankara, che si sarebbe accasciato senza vita sulla sedia. Compaoré ha sempre negato questa versione dei fatti, affermando inizialmente che quel giorno era a casa sua, malato, e che a uccidere il presidente fosse stata un’altra persona salvo poi ritrattare, affermando che fu lui ad uccidere Sankara, ma che il colpo partì accidentalmente dalla pistola. Un’altra tesi invece afferma che Sankara si trovasse a bordo di una Renault 5 insieme ai suoi collaboratori Paulin Bamoumi e Frederic Ziembie.
Ad un certo punto l’autovettura venne crivellata da colpi di AK-47, con i due collaboratori che morirono su colpo e Sankara che ne uscì illeso. Il presidente venne allora tirato fuori dal mezzo e a sua volta massacrato a colpi di mitraglietta dai miliziani pro-Compaoré.

Nell’aprile 2006 il Comitato per i Diritti Umani dell’ONU, a cui si è appellato a nome della famiglia il Collettivo Giuridico della Campagna Internazionale Giustizia per Thomas Sankara (CIJS), diede ragione ai ricorrenti e ordinò allo Stato burkinabé di fare chiarezza sulla morte di Thomas Sankara, di assicurare alla famiglia una giustizia imparziale, di rettificare il suo certificato di morte, di provare il luogo della sua sepoltura, di indennizzare la famiglia per il trauma subito e di divulgare pubblicamente le decisioni del comitato. Tuttavia, il 21 aprile 2008 il Comitato per i Diritti Umani dell’ONU chiuse il fascicolo senza muovere ulteriori inchieste Dopo la caduta di Compaoré il tribunale militare burkinabé ha emesso, il 4 dicembre 2014, un mandato di cattura internazionale nei suoi confronti accusandolo dell’omicidio, l’assassinio e l’occultamento di Thomas Sankara.
Nell’aprile 2016 la Corte di Cassazione di Ouagadougou ha ritirato il mandato, poiché il tribunale avrebbe dovuto rivolgersi al commissario del governo prima di rilasciarlo. Il procuratore generale Ouedraogo ha comunque spiegato che «La cancellazione dei mandati non significa che sia finita. I giudici possono prendere in consegna e correggere le procedure attraverso mezzi validi. Queste sono lacune che possono essere colmate anche domani, se i giudici vogliono». Il fatto ha generato molto malcontento e si è diffusa la voce che Blaise Compaoré sia coperto da interessi internazionali, anche ora che non è più al potere.

Prima della sua morte Sankara aveva di dichiarato: “ che problemi hai? «È possibile che a causa degli interessi che minaccio, a causa di quelli che certi ambienti chiamano il mio cattivo esempio, con l’aiuto di altri dirigenti pronti a vendersi la rivoluzione, potrei essere ammazzato da un momento all’altro. Ma i semi che abbiamo seminato in Burkina e nel mondo sono qui. Nessuno potrà mai estirparli. Germoglieranno e daranno frutti. Se mi ammano arriveranno migliaia di nuovi Sankara!»
Blaise Compaoré ha provato in ogni modo a cancellare il ricordo di Thomas Sankara distruggendo la sua tomba, evitando di menzionarlo, cancellandolo dagli archivi storici e proclamando festa nazionale il 15 ottobre per distrarre la popolazione. Nel 2007 (a vent’anni dalla morte), Compaoré distribuì soldi e premi per allontanare la gente dal cimitero di Dagnoen, luogo in cui riposano il capitano e gli altri dodici collaboratori uccisi durante il colpo di Stato. Ma fallì perché un’enorme folla si recò lo stesso alla tomba di Sankara a rendere omaggio. Il ricordo del giovane presidente rimane vivo nella nuova generazione con il racconto e la diffusa distribuzione di file multimediali contenenti i suoi celebri discorsi. Il 31 ottobre 2014 un’incontenibile rivolta popolare costrinse Blaise Compaoré a rinunciare alla propria carica e a fuggire in direzione della Costa d’Avorio. Manifesti e cartelli inneggianti a Sankara si diffusero ovunque, diventando il simbolo della nuova rivoluzione.

Ispirato a Fidel Castro (che incontrò durante una visita di stato), Che Guevara, Jerry Rawlings e Karl Marx, promosse la “Rivoluzione Democratica e Popolare”, definendo la sua ideologia anti-imperialista nel suo Discorso di Orientamento Politico tenuto il 2 ottobre 1983. In un discorso tenuto ad Addis Abeba, in Etiopia, suggerì l’istituzione di un nuovo fronte economico africano che si potesse contrapporre a quello europeo e statunitense. Inoltre cercò di convincere, invano, gli altri capi di Stato africani a rifiutarsi di saldare i debiti con gli Stati Uniti e i paesi europei, poiché era convinto che i soldi da restituire agli altri Stati potevano essere reinvestiti in riforme sanitarie e scolastiche. Con una campagna per la riduzione della spesa pubblica e una drastica lotta alla corruzione, tolse numerosi privilegi a politici e militari, e vendette tutte le Mercedes in dotazione ai ministri, sostituendole con le più economiche Renault 5 mentre i voli fuori dal paese per motivi diplomatici si potevano solo fare in classe turistica.

Si decurtò inoltre lo stipendio, arrivando a guadagnare 450$ al mese. Molte volte era costretto a chiedere prestiti ai familiari poiché non aveva denaro. Decise la chiusura dei night club, dove la piccola borghesia faceva una fortuna con la vendita di Coca-Cola, il cui prezzo si aggirava tra i 1.500 e i 2.000 franchi per litro, escludendo così la popolazione. I night club furono sostituiti con piste da ballo diurne aperte a tutti, con musica popolare e prezzi accessibili (il costo medio di un drink non superava i 50 franchi. Il programma politico di Sankara comprendeva soprattutto il miglioramento delle condizioni delle donne. Sankara assegnò a numerose donne il ruolo di ministro e le cariche militari, cosa rara in Africa.
Le incoraggiò a ribellarsi al maschilismo e a rimanere a scuola in caso di gravidanza. Sankara fu il primo presidente africano a mettere in guardia la popolazione dall’AIDS, invitando i compatrioti a usare dei contraccettivi per evitare eventuali sieropositività
Abolì la poligamia e vietò l’infibulazione, pratiche ampiamente diffuse e tollerate in tutta l’Africa.
Importante fu l’attenzione dedicata alla prostituzione. Sankara riteneva importante non punire o incarcerare le prostitute come accadeva in molti paesi, ma aiutarle a evadere dalla situazione di schiavitù fisica in cui si trovavano, dando loro un’occupazione vera. Chiarì questo programma nel telex inviato al Congresso mondiale delle prostitute, il 2 dicembre 1986.
Sankara si fece fautore e promotore di una totale rottura con la tradizione, che vedeva i soldati e soprattutto le cariche dell’esercito in posizione di netto vantaggio rispetto al popolo. Una delle sue prime mosse fu quella di coinvolgere le caserme nella produzione agricola e industriale.
L’addestramento militare, ridotto da 18 a 12 mesi, fu implementato a funzioni lavorative che occuparono ben 3/4 del tempo totale. Ad esempio, l’ordine prevedeva inizialmente la costruzione di pollai e l’allevamento di galli e galline (un quarto per ogni soldato, come minimo). Il risultato non venne solo raggiunto ma ampiamente superato, con caserme che raggiungevano mezzo pollo per persona a settimana o addirittura uno intero, e chiedevano di poter fare di più.
Questo successo economico garantì un miglioramento delle condizioni alimentari, e un rilevante abbassamento dei prezzi nel mercato della carne bianca per la popolazione civile. Ci fu anche un grande incremento della coltivazione di patate, a tal punto da raggiungere la sovrapproduzione. Sankara intuì l’importanza delle uniche vere risorse: cotone, ortaggi, legumi, agrumi e allevamento (oltre a una buona quantità d’oro, che però verrà scoperta solo durante la dittatura di Blaise Compaoré). Decise di dare slancio alle piccole unità produttive, a metà strada tra l’artigianato e l’industria, come manifatture a atelier, per impiegare manodopera minimamente formata da espandere sul territorio, far nascere vicino alle zone di produzione ed essere facilmente sostenibile. Furono ribattezzate touf-touf e largamente preferite alle macchine elettroniche, per offrire possibilità coniugate con coloro che già altrove si erano lanciati in questo genere d’impresa. Sankara non era un autarchico e voleva dare rilievo all’impresa privata, a patto che questa non si imponesse sulla sovranità popolare. Fu ben aperto a investitori stranieri, come la Svizzera, che volevano associarsi con i privati o il governo del Burkina. Le principali collaborazioni furono per il formaggio (latte) e i pomodori destinati a salse e pelati in scatola, ma ci furono una serie di altre infinite possibilità economiche.

Sankara lavorò molto per abbassare i prezzi e rendere accessibili alla popolazione molti tipi di prodotti solitamente riservati alle élite borghesi.
Tra questi, in particolare, la carne. Ouagadougou prosperava di supermercati e salumerie con prosciutto venduto a peso d’oro, poiché importato, nonostante ci fossero tutti i presupposti per produrlo anche in Burkina. Questo lo rendeva un alimento inaccessibile alla stragrande maggioranza. Sankara invertì l’ordine delle cose mettendo a disposizione di produttori esteri, ad esempio per la stagionatura, maiali e montoni con cui creare carne a buon mercato e permettere un’espansione del consumo interno.
Per costruire dighe grazie a cui manovrare l’acqua di cui il Burkina aveva un disperato bisogno, i cantieri dovevano importare ferro e cemento dai paesi vicini, i quali però avevano cominciato a bloccarne la vendita per colpire economicamente un governo guardato male per le sue politiche sociali e vicine al popolo. In particolare le griglie, che importate erano sei volte più care rispetto alla produzione nazionale. I cantieri volevano solo la materia prima per poter realizzare poi in Burkina il prodotto finito, ma furono ostacolati. Sankara si concentrò molto in questa direzione mandando in missione informativa funzionari col compito di chiarire la posizione pacifica del paese, ma anche di informare che la persistenza di questi comportamenti sarebbe stata considerata un atto di ostilità.

Uno dei principali motivi di povertà del Burkina era la dipendenza da importazioni estere. E per la maggior parte si trattava di prodotti inutili o sacrificabili, che aggiungevano solo debiti su debiti. Tra questi, vestiti di marchi come Levi’s e accessori estetici (ad esempio il rossetto). Sankara dichiarò pubblicamente che se qualcuno avesse voluto organizzare un colpo di Stato in Burkina Faso non avrebbe dovuto mandare un esercito, perché sarebbe bastato smettere di vendere tutte queste cose al paese per gettare la popolazione nel caos. C’erano alcune eccezioni per cui non si poteva fare a meno di importare, come determinate materie prime, ma il resto andava necessariamente messo da parte o la pressione fiscale non avrebbe allentato la presa. Sankara promosse dunque una campagna anti-materialista per incentivare il popolo a essere orgoglioso di ciò che ha, senza vergognarsi di mostrare al mondo che il Burkina è un paese povero. L’obiettivo era soprattutto danneggiare la potente piccola-media borghesia che deteneva il controllo di questi mercati.

l Burkina Faso fu il primo paese africano a indire i tribunali popolari, chiamati Case del popolo, con una corte presieduta da un giudice di carriera, due giudici non professionisti, un militare e quattro membri dei Comitati di difesa della rivoluzione. La gente poteva recarsi ai processi presenziando come pubblico e partecipando al dibattito. Il clima era alleggerito dalla distribuzione di bibite e snack da parte di piccoli commercianti locali.

Celebre fu il processo a Saye Zerbo, ex presidente dell’Alto Volta, per appropriazione indebita. L’enorme cifra, 427 milioni di franchi, era stata misteriosamente fatta sparire dai conti statali proprio durante il suo governo. Zerbo verrà condannato a quindici anni di prigione e al rimborso dell’intera cifra mediante confisca di beni e proprietà. Anche un ex ministro del governo, coinvolto in un ingente affare sul vino, sarà condannato.
I processi sono perlopiù inerenti a scandali finanziari e sottrazioni alla cosa pubblica. Ogni rappresentante del popolo ha l’obbligo di rendicontare le proprie spese. Il popolo partecipa con interesse. Chi si è intascato denaro a scapito del popolo finisce in tribunale. Non furono attuati provvedimenti contro i membri dei precedenti governi, a meno che non fossero esplicitamente colpevoli di specifici reati. È il caso di Jean-Baptiste Ouédraogo, rovesciato dal colpo di Stato di Sankara, ma lasciato stare in quanto non colpevole di alcun reato. Lo sforzo di far partecipare tutti i burkinabé alla rivoluzione si concretizzò permettendo loro di entrare la mattina nei locali della radio nazionale per parlare in diretta, criticare e proporre idee. Fu sviluppato un circuito di radio rurali che diffondevano programmi di alfabetizzazione e divulgazione agricola.

l governo di Sankara è stato criticato da Amnesty International e da altre organizzazioni umanitarie internazionali per violazioni dei diritti umani, incluse esecuzioni e detenzioni arbitrarie di oppositori politici da parte dei Comitati per la Difesa della Rivoluzione.

I popolari tribunali rivoluzionari, istituiti dal governo in tutto il paese, hanno sottoposto gli imputati sotto processo per corruzione, evasione fiscale o attività “controrivoluzionaria”. Le procedure in queste prove, in particolare le protezioni legali per gli imputati, non erano conformi agli standard internazionali. Secondo Christian Morrisson e Jean-Paul Azam dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, il «clima di urgenza e di azione drastica in cui molte punizioni sono state immediatamente applicate contro coloro che hanno avuto la sfortuna di essere giudicati colpevoli di un comportamento rivoluzionario, mostrava una certa somiglianza con ciò che accadeva nei peggiori giorni della Rivoluzione Francese, durante il Regno del Terrore: sebbene poche persone fossero state uccise, la violenza era diffusa»




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