Libano – Mezza capitale del Libano è stata devastata da due enormi esplosioni nei pressi del porto, dov’erano custodite 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio, scaricate al porto nel 2013 e poi depositate in un container, che l’hanno ridotta in polvere come ai tempi della fine della guerra civile durata 15 anni. La Croce Rossa riporta un bilancio di almeno 135 vittime, 4 mila feriti e cento dispersi ma i dati sono imprecisi e tutti da definire. L’esplosione ha creato un cratere del diametro di quasi 124 metri, ben oltre la lunghezza di un campo di calcio.
“Ho fatto un giro per Beirut, quasi metà della città è distrutta o danneggiata”: lo ha detto alla France presse il governatore della capitale libanese, Marwan Abboud, che ha quantificato i danni provocati dalle esplosioni avvenute ieri “tra i tre e i cinque miliardi di dollari”. Sono circa 300.000 le persone rimaste senza casa, mentre il bilancio provvisorio delle vittime è di oltre 100 morti e 4.000 feriti.
“La Ue ha attivato il meccanismo di protezione civile in seguito alla richiesta delle autorità libanesi, e coordinerà l’invio urgente di 100 pompieri altamente qualificati, con veicoli, cani ed attrezzature specializzati nella ricerca e salvataggio in zone urbane. Lavoreranno con le autorità libanesi per salvare vite”: lo annuncia il commissario alla gestione delle crisi, Janez Lenarcic. “Olanda, Grecia e Cechia hanno già confermato la loro partecipazione, Francia,Polonia e Germania hanno già offerto assistenza”, ha aggiunto.
Parla anche il tenente colonnello Marco Mele, portavoce del contingente italiano in Libano, che ai microfoni di AdnKronos racconta come la tragica esplosione di Beirut sia stata “un grande spavento” per tutti, ma senza conseguenze di particolare gravità; mentre rassicura sulle condizioni del militare italiano rimasto ferito ieri al porto di Beirut, che avrebbe riportato solo una “frattura alla mano”. Mele spiega che i 12 militari italiani di stanza Beirut e che sono impiegati nel Reggimento gestione aree di transito sono stati trasferiti nella base di Shama dove sono “arrivati stamattina all’alba”.
“Il militare che è rimasto ferito è ora nella base di Shama. Ieri è partito un convoglio con medici, psicologi e l’assetto Cbrn per il rischio chimico-biologico-radiologico-nucleare a titolo precauzionale – precisa Mele – I soldati erano muniti di dpi, vista la crescente emergenza Covid qui in Libano, nel rispetto di tutte le procedure sanitarie, per soccorrere il ferito. Il militare, insieme agli altri 11 militari che si trovavano nella base al porto di Beirut, è stato trasportato qui a Shama. Sono arrivati alle prime luci dell’alba”.
“Il militare ha riportato una frattura alla mano, per gli altri c’è stato un grosso spavento – rassicura Mele – Lo spostamento a Shama è stato necessario non tanto per ragioni di sicurezza, quanto per il danneggiamento degli alloggi dove risiedevano: la struttura è stata spazzata via dall’onda d’urto. Sono stati portati via, in sicurezza, anche il materiale, le armi e i mezzi”. Al momento della deflagrazione Mele soggiornava nella base di Shama, “a circa 90 km di distanza, ma si è sentito subito che il rumore era atipico. Non abbiamo pensato ad attacchi, le notizie sono subito arrivate dai media libanesi”. I militari a Beirut invece raccontano di “un boato che non si era mai sentito prima. Il forte boato e l’onda d’urto”, racconta Mele citando hiroshima e Nagasaki.
Altro problema da risolvere è quello dei viveri. Dopo l’esplosione che ha distrutto i silos di grano, l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’agricoltura e l’alimentazione, la Fao, teme “che si ponga a breve termine un problema di disponibilità di farina per il Libano . “Si teme che una grande quantità delle riserve di grano nel porto siano state colpite o distrutte dall’esplosione – ha dichiarato il responsabile delle emergenze della Fao, Dominique Burgeon, contattato dall’Afp di Parigi -. Le scorte sono gravemente danneggiate e temiamo che presto avremo un problema con la disponibilità di farina per il Paese”, ha aggiunto in una breve intervista telefonica.