Marzo e coronavirus: in Italia il 49,4% di decessi in più

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Marzo: 49,4% di morti in più, di cui il 54% con diagnosi di Covid. Il prezzo altissimo pagato dalle province di Bergamo, Cremona e Lodi, in controtendenza Roma con un -9,4%.

É un’Italia a tre velocità quella fotografata da Istat e Istituto superiore della sanità nel primo report sulla mortalità dell’epidemia da Covid-19 che dal 20 febbraio 2020 si è diffusa in Italia. L’impatto del virus è stato più contenuto nelle regioni del Sud e nelle isole, mediamente più elevato in quelle del Centro rispetto al Mezzogiorno e molto elevata nelle regioni del Nord. Un’epidemia che ha messo in ginocchio il motore dell’economia del Paese. IStat e Iss precisano che i dati di mortalità totale si riferiscono al primo trimestre consolidato 2020 e riguardano 6.866 comuni (87 % dei 7.904 complessivi). Nel Paese si contano ancora 74 zone rosse.

«Considerando il mese di marzo – segnala il report – si osserva a livello medio nazionale una crescita del 49,4% dei decessi per il complesso delle cause. Se si assume come riferimento il periodo che va dal primo decesso Covid-19 riportato al Sistema di Sorveglianza integrata (20 febbraio) fino al 31 marzo, i decessi passano da 65.592 (media periodo 2015-2019) a 90.946, nel 2020. L’eccesso dei decessi è di 25.354 unità, di questi il 54% è costituito dai morti diagnosticati Covid-19 (13.710)».l 91% delleccesso di mortalità riscontrato a livello medio nazionale nel mese di marzo 2020 si concentra nelle aree ad alta diffusione dell’epidemia: 3.271 comuni, 37 province del Nord più Pesaro e Urbino.

A parte i primi tre casi provenienti da Wuhan (una coppia di cinesi e un ricercatore italiano) scoperti a fine gennaio, il primo caso italiano di coronavirus viene segnalato in Lombardia il 20 febbraio 2020. La diffusione diventa diretta e si espande, nonostante le misure di lockdown prima nelle zone rosse e poi in tutta l’Italia dall’11 marzo 2020. E nonostante il distanziamento, «le curve nazionali dei casi diagnosticati e dei decessi hanno iniziato a decrescere solo negli ultimi giorni di marzo».

Si infettano più le donne
Il report rileva che nel 52,7% dei casi (104.861) il virus ha colpito le donne. L’età mediana è di 62 anni. Nelle fasce di età 0-9 anni, 60-69 e 70-79 anni si osserva un numero maggiore di casi di sesso maschile. Nella fascia di età oltre i 90 anni, il numero di donne è più del triplo rispetto agli uomini, per la metta prevalenza di donne in questa fascia di età.

La letalità è più elevata negli uomini
La letalità è più elevata negli uomoni in tutte le fasce di età, ad eccezione di quella 0-19 anni. Nel 34,7% dei casi viene riportata almeno una co-morbidità (patologie cardiovascolari, patologie respiratorie, diabete, deficit immunitari, patologie metaboliche, patologie oncologiche, obesità, patologie renali o altre patologie croniche). Nel mese di marzo, si osserva a livello medio nazionale una crescita del 49,4% dei decessi per il complesso delle cause.

Se si assume come riferimento il periodo che va dal primo decesso Covid-19 riportato al Sistema di Sorveglianza integrata (20 febbraio) fino al 31 marzo, i decessi passano da 65.592 (media periodo 2015-2019) a 90.946, nel 2020. L’eccesso dei decessi è di 25.354 unità, di questi il 54% è costituito dai morti diagnosticati Covid-19 (13.710). A causa della forte concentrazione del fenomeno in alcune aree del Paese, i dati riferiti a livello medio nazionale “appiattiscono” la dimensione dell’impatto della epidemia di Covid-19 sulla mortalità totale.

Colpito il Nord in oltre 3mila comuni
Il 91% dell’eccesso di mortalità riscontrato a livello medio nazionale nel mese di marzo 2020 si concentra nelle aree ad alta diffusione dell’epidemia: 3.271 comuni, 37 province del Nord più Pesaro e Urbino. Nell’insieme di queste province, i decessi per il complesso delle cause sono più che raddoppiati rispetto alla media 2015-2019 del mese di marzo. Se si considera il periodo dal 20 febbraio al 31 marzo, i decessi sono passati da 26.218 a 49.351 (+ 23.133 ); poco più della metà di questo aumento (52%) è costituita dai morti riportati al Sistema di Sorveglianza Integrata Covid-19 (12.156).

Le zone rosse

Meno trentadue. I dati sull’emergenza cononavirus in miglioramento e diminuiscono le zone rosse, quelle dove sono sorti focolai specifici, un maker della capacità del sistema di contenere la diffusione del virus. La scorsa settimana le zone rosse erano 106, mentre questa sono 74, divise i sette regioni (Calabria, Emilia Romagna, Molise, Sicilia, Umbria, Lazio, Abruzzo. Come risulta dai dati dell’Istituto superiore di sanità, i focolai del contagio si sono spenti in 4 comuni della Basilicata (Moliterno, Tricarico, Irsina e Grassano) e in 3 comuni campani (Ariano Irpino, Paolisi, Saviano). Settantaquattro focolai in sette regoni, ha spiegato il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro, è segno della capacità di individuare precocemente focolai e limitarli. Altissima l’attenzione sulla eventuale comparsa di nuovi focolai,

Venticinque zone rosse in meno in Emilia Romagna
Prosegue a passo lungo la lotta dell’Emilia Romagna al coronavirus. Rispetto alla rilevazione della scorsa settimana le zone rosse emiliane sono scese da 70 a 45. Dunque 25 comuni si sono liberati dalla morsa del coronavirus e sono tornati ad avere meno limiti rispetto ai paletti imposti dalla zona rossa. Ancora troppi i focolai nella regione, che impediscono un velere cambio di marcia sul fronte delle misure di contenimento.

Il prezzo altissimo pagato dalle province di Bergamo, Cremona e Lodi
Le province più colpite dall’epidemia che hanno pagato un prezzo altissimo in vite umane, con incrementi percentuali dei decessi nel mese di marzo 2020, rispetto al marzo 2015-2019, a tre cifre, sono: Bergamo (568%), Cremona (391%), Lodi (371%), Brescia (291%), Piacenza (264%), Parma (208%), Lecco (174%), Pavia (133%), Mantova (122%), Pesaro
e Urbino (120%).

Più contenuto l’incremento dei decessi al Centro e al Nord
Nelle aree a media diffusione dell’epidemia (1.778 comuni, 35 province prevalentemente del Centro-Nord) l’incremento dei decessi per il complesso delle cause nel periodo 20 febbraio-31 marzo è molto più contenuto, da 17.317 a 19.743 (2.426 in più rispetto alla media 2015-2019); il 47% è attribuibile ai morti risultati positivi al Covid-19 (1.151). Nelle aree a bassa diffusione (1.817 comuni, 34 province per lo più del Centro e del Mezzogiorno) i decessi del mese di marzo 2020 sono mediamente inferiori dell’1,8% alla media del quinquennio precedente.

I più colpiti gli uomini settantenni
L’eccesso di mortalità più consistente si riscontra per gli uomini di 70-79 anni: i decessi aumentano di circa 2,3 volte tra il 20 febbraio e il 31 marzo; segue la classe di età 80-89 (quasi 2,2 volte di aumento). L’incremento della mortalità nelle donne è invece più contenuto per tutte le classi di età. Raggiunge il 20% in più della media degli anni 2015-2019 alla fine di marzo, tanto per la classe di età 70-79 che per la 90 e più.L’analisi combinata dei dati di mortalità giornaliera Istat con i dati della Sorveglianza integrata dell’Iss ha evidenziato che la mortalità “diretta” attribuibile a Covid-19 in individui con diagnosi confermata, nel primo trimestre 2020 è stata di circa 13.700 decessi. Per una quota ulteriore di circa altri 11.600 decessi si ipotizzano tre possibili cause: una ulteriore mortalità associata a Covid-19 (decessi in cui non è stato eseguito il tampone), una mortalità indiretta correlata a Covid-19 (decessi da disfunzioni di organi quali cuore o reni, probabili conseguenze della malattia scatenata dal virus in persone non testate, come accade per analogia con l’aumento della mortalità da cause cardiorespiratorie in corso di influenza) e una quota di mortalità indiretta non correlata al virus ma causata dalla crisi del sistema ospedaliero e dal timore di recarsi in ospedale nelle aree maggiormente affette.




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