Papa Francesco prega per gli insegnanti e gli studenti

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Papa -Nella Messa a Santa Marta, Papa Francesco pensa alle difficoltà di docenti e ragazzi per le scuole chiuse in tanti Paesi a causa del Covid-19.

Nell’introduzione rivolge il suo pensiero al mondo della scuola colpito dal nuovo coronavirus:

Preghiamo oggi per gli insegnanti che devono lavorare tanto per fare lezioni via internet e altre vie mediatiche e preghiamo anche per gli studenti che devono fare gli esami in un modo nel quale non sono abituati. Accompagniamoli con la preghiera.

Nell’omelia, il Papa commenta il Vangelo odierno (Gv 6,1-15) che racconta la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Gesù mette alla prova gli apostoli che non sanno come sfamare la grande folla che li segue: li fa crescere. Gesù – afferma Francesco – amava stare in mezzo alla folla. Non così i suoi discepoli: e li correggeva. Gesù cercava la vicinanza della gente e insegnava ai pastori ad essere vicini alla gente. Il popolo di Dio stanca – sottolinea – perché sempre chiede ai pastori cose concrete e il pastore deve prendersi cura di ciò che chiede il popolo. Gesù dice ai discepoli: “Dategli voi da mangiare”. E questo lo ridice oggi ai pastori: dare, dare alla gente. Poi Gesù va a pregare il Padre. Questa doppia vicinanza del pastore: al Padre e alla gente. La folla, dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci, vuole prendere Gesù per farlo re. Forse – nota il Papa – qualche apostolo sarebbe stato contento di approfittare di questa occasione per avere il potere: una tentazione. Ma il potere del pastore – ha detto Francesco – è il servizio e quando si sbaglia su questo punto il pastore rovina la vocazione e diventa gestore di imprese pastorali ma non pastore. Preghiamo per i pastori – è la preghiera conclusiva del Papa – perché il Signore ci insegni a non avere paura di essere vicini al suo popolo.

Il Papa: il potere del pastore è servire il popolo di Dio

Di seguito il testo dell’omelia:

La frase di questo passo del Vangelo ci fa pensare: «Diceva così per metterlo alla prova. Egli infatti sapeva quello che stava per compiere» (Gv 6,6). È quello che aveva in mente Gesù quando disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». (Gv 6,5). Ma lo diceva per metterlo alla prova. Lui sapeva. Qui si vede l’atteggiamento di Gesù con gli apostoli. Continuamente li metteva alla prova per insegnare loro e, quando loro erano fuori dalla funzione che dovevano svolgere, li fermava e insegnava loro.

Il Vangelo è pieno di questi gesti di Gesù per far crescere i suoi discepoli e farli diventare pastori del popolo di Dio, in questo caso vescovi: pastori del popolo di Dio. E una delle cose che Gesù amava di più era essere con la folla perché anche questo è un simbolo dell’universalità della redenzione. E una delle cose che più non piaceva agli apostoli era la folla perché a loro piaceva stare vicino al Signore, sentire il Signore, sentire tutto quello che il Signore diceva. Quel giorno sono andati lì a fare una giornata di riposo – dicono le altre versioni negli altri Vangeli, perché tutti e quattro ne parlano … forse ci sono state due moltiplicazioni dei pani – venivano da una missione e il Signore ha detto: “Andiamo a riposarci un po’” (cfr Mc 6,31) e sono andati lì. La gente si accorse di dove andavano per il mare, ha percorso la riva e li ha aspettati lì. E i discepoli non erano felici perché la folla aveva rovinato la “pasquetta”: non potevano fare questa festa con il Signore. Malgrado ciò, Gesù incominciava a insegnare, loro ascoltavano, poi parlavano fra loro … E passavano le ore, le ore, le ore … Gesù parlava e la gente era felice. E loro dicevano: “La nostra festa è rovinata, il nostro riposo è rovinato”.

Ma il Signore cercava la vicinanza con la gente e cercava di formare il cuore dei pastori alla vicinanza con il popolo di Dio per servirli. E loro, si capisce questo, si sentono eletti, si sentivano un po’ una cerchia privilegiata, un ceto privilegiato, “un’aristocrazia”, diciamo così, vicini al Signore, e tante volte il Signore faceva gesti per correggerli. Per esempio, pensiamo con i bambini. Loro custodivano il Signore: “No, no, no, non avvicinare i bambini che molestano, disturbano… No, i bambini con i genitori”. E Gesù? “Che vengano i bambini” (cfr Mc 10,13-16). E loro non capivano. Poi hanno capito. Poi penso alla strada verso Gerico, quell’altro che gridava: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!» (Lc 18,38). E questi: “Ma sta’ zitto, sta’ zitto che passa il Signore, non disturbarlo”. E Gesù dice: “Ma chi è quello? Fatelo venire” (cfr Lc 18,35-43). Un’altra volta il Signore [li corregge]. E così insegnava loro la vicinanza al popolo di Dio.

È vero che il popolo di Dio stanca il pastore, stanca: quando c’è un buon pastore si moltiplicano le cose, perché la gente va sempre dal buon pastore per un motivo, per l’altro. Una volta, un grande parroco di un quartiere semplice, umile, della mia diocesi, aveva la canonica come una casa normale, come le altre, e la gente bussava alla porta o bussava alla finestra, a ogni ora … e una volta mi disse: “Ma io avrei voglia di murare la porta e la finestra perché mi lascino riposare”. Ma lui se ne accorgeva che era pastore e doveva essere con la gente! E Gesù forma, insegna ai discepoli, agli apostoli questo atteggiamento pastorale che è la vicinanza al popolo di Dio. E il popolo di Dio stanca, perché sempre ci chiede cose concrete; sempre ti chiede qualche cosa concreta, forse sbagliata, ma ti chiede cose concrete. E il pastore deve accudire a queste cose.

Le versioni degli altri evangelisti di questo episodio fanno vedere che sono passate le ore e la gente doveva andarsene perché cominciava il buio, e dicono così: “Congeda la gente perché vadano a comprare per mangiare”, proprio nel momento del buio, quando incominciava il buio (cfr Lc 9,12-13). Ma cosa avevano in mente? Almeno di fare un po’ di festa fra loro, quell’egoismo non cattivo, ma si capisce, di stare col pastore, stare con Gesù che è il gran pastore. E Gesù risponde, per metterli alla prova: “Dategli voi da mangiare” (cfr v. 13). E questo è quello che Gesù dice oggi a tutti i pastori: “Dategli voi da mangiare”. “Sono angosciati? Dategli voi la consolazione. Sono smarriti? Dategli voi una via di uscita. Si sono sbagliati? Dategli voi aiuto per risolvere i problemi… Dategli voi, dategli voi…”. E il povero apostolo sente che deve dare, dare, dare… Ma da chi riceve? Gesù ci insegna: dallo Stesso da cui riceveva Gesù. Dopo questo fatto, congeda gli apostoli e va a pregare: dal Padre, dalla preghiera. Questa doppia vicinanza del pastore è quella che Gesù cerca di far capire agli apostoli perché diventino grandi pastori.

Ma tante volte la folla sbaglia, e qui ha sbagliato, no? «Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: “Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!”. Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo» (Gv 6,14-15). Forse, forse – ma non lo dice il Vangelo – qualcuno degli apostoli gli avrebbe detto: “Ma Signore, approfittiamo di questo e prendiamo il potere”. Un’altra tentazione. E Gesù fa loro vedere che quella non è la strada. Il potere del pastore è il servizio, non ha un altro potere; e quando sbaglia prendendo un altro potere si rovina la vocazione e diventa, non so, gestore di “imprese pastorali” ma non pastore. La struttura non fa pastorale: il cuore del pastore è ciò che fa la pastorale. E il cuore del pastore è quello che Gesù ci insegna adesso.

Chiediamo oggi al Signore per i pastori della Chiesa perché il Signore parli sempre a loro, perché li ama tanto: ci parli sempre, ci dica come sono le cose, ci spieghi e soprattutto ci insegni a non avere paura del popolo di Dio, a non avere paura di essere vicini.




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