Papa Francesco: “Il silenzio ci aiuti ad ascoltare”

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Papa – Il quotidiano appuntamento a Santa Marta, con la Messa dalla Casa intitolata alla santa indaffarata nei lavori domestici, il Papa ci invita a non dimenticare ciò che è importante. La presenza del Risorto che ha vinto i timori dei discepoli in lockdown. In questi giorni “tempestosi”è come se Gesù abbia trovato un modo per ricordarci che in questi tempi in cui siamo lontani dalla Messa e dall’Eucarestia, non dobbiamo dimenticare le cose importanti mentre siamo indaffarati nelle nostre case come Marta. E così il Papa entra nelle nostre case, dalla sua Casa Santa Marta nella nostra casa di Marta, per ricordarcelo ogni giorno. Per ricordarlo a noi che siamo tutti Marta.

Lo Spirito Santo, maestro dell’armonia

Papa Francesco ha presieduto la Messa a Casa Santa Marta  nel martedì della seconda settimana del Tempo di Pasqua. (Papa Francesco, la Pasqua, il cristiano, la speranza)

INTRODUZIONE

In questo tempo c’è tanto silenzio. Si può anche sentire il silenzio. Che questo silenzio, che è un po’ nuovo nelle nostre abitudini, ci insegni ad ascoltare, ci faccia crescere nella capacità di ascolto. Preghiamo per questo.

Nell’omelia, il Papa ha commentato il passo odierno degli Atti degli Apostoli (At 4, 32-37) che descrive la vita dei membri della prima comunità cristiana che avevano un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune, e nessuno era bisognoso. Lo Spirito Santo – afferma Francesco – è capace di fare queste meraviglie. La prima comunità cristiana è un modello, un ideale, segno di cosa possa fare lo Spirito Santo se siamo docili. Lo Spirito crea l’armonia. Poi arrivano i problemi e le divisioni. Ci sono tre cause di divisione: la prima sono i soldi. I poveri sono discriminati. I soldi dividono la comunità, la Chiesa. Tante volte dietro le deviazioni dottrinali ci sono i soldi. La povertà, invece, è la madre della comunità. Tante famiglie si dividono per una eredità. La seconda cosa che divide è la vanità, il sentirsi migliori degli altri e il farsi vedere come fanno i pavoni. La terza cosa che divide la comunità è il chiacchiericcio, che il diavolo mette in noi come un bisogno di sparlare degli altri. Lo Spirito viene a salvarci da queste tentazioni mondane. Chiediamo al Signore la docilità allo Spirito Santo – è la preghiera conclusiva del Papa – perché ci trasformi e trasformi le nostre comunità perché siano nell’armonia.

Lo Spirito Santo crea l’armonia nella comunità s siamo pronti ad accoglirLo

Ttesto dell’omelia:

«Nascere dall’alto» (Gv 3,7) è nascere con la forza dello Spirito Santo. Noi non possiamo prendere lo Spirito Santo per noi; soltanto, possiamo lasciare che Lui ci trasformi. E la nostra docilità apre la porta allo Spirito Santo: è Lui che fa il cambiamento, la trasformazione, questa rinascita dall’alto. È la promessa di Gesù di inviare lo Spirito Santo (cfr At 1,8). Lo Spirito Santo è capace di fare delle meraviglie, cose che noi neppure possiamo pensare.

Un esempio è questa prima comunità cristiana, che non è una fantasia, questo che ci dicono qui: è un modello, dove si può arrivare quando c’è la docilità e si lascia entrare lo Spirito Santo e ci trasforma. Una comunità – diciamo così – “ideale”. È vero che subito dopo di questo incominceranno dei problemi, ma il Signore ci fa vedere fino a dove potremmo arrivare se noi siamo aperti allo Spirito Santo, se siamo docili. In questa comunità c’è l’armonia (cfr At 4,32-37). Lo Spirito Santo è il maestro dell’armonia, è capace di farla e l’ha fatta qui. La deve fare nel nostro cuore, deve cambiare tante cose di noi, ma fare l’armonia: perché Lui stesso è l’armonia. Anche l’armonia fra il Padre e il Figlio: è l’amore di armonia, Lui. E Lui, con l’armonia, crea queste cose come questa comunità così armonica. Ma poi, la storia ci dice – lo stesso Libro degli Atti degli Apostoli – di tanti problemi nella comunità. Questo è un modello: il Signore ha permesso questo modello di una comunità quasi “celeste”, per farci vedere dove dovremmo arrivare.

Ma poi incominciarono le divisioni, nella comunità. L’apostolo Giacomo, nel secondo capitolo della sua Lettera, dice: “Che la vostra fede «sia immune di favoritismi personali»” (Gc 2,1): perché c’erano! “Non fate discriminazioni”: gli apostoli devono uscire ad ammonire. E Paolo, nella prima Lettera ai Corinzi, nel capitolo 11, si lamenta: “Ho sentito che ci sono divisioni tra voi” (cfr 1Cor 11,18): incominciano le divisioni interne nelle comunità. A questo “ideale” si deve arrivare, ma non è facile: ci sono tante cose che dividono una comunità, sia una comunità cristiana parrocchiale o diocesana o presbiterale o di religiosi o religiose … tante cose entrano per dividere la comunità.

Vedendo quali sono le cose che hanno diviso le prime comunità cristiane, io ne trovo tre: prima, i soldi. Quando l’apostolo Giacomo dice questo, di non avere favoritismi personali, dà un esempio perché “se nella vostra chiesa, nella vostra assemblea entra uno con l’anello d’oro, subito lo portate avanti, e il povero lo lasciate da parte” (cfr Gc 2,2). I soldi. Lo stesso Paolo dice lo stesso: “I ricchi portano da mangiare e mangiano, loro, e i poveri, in piedi” (cfr 1Cor 11,20-22), li lasciamo lì come a dire loro: «Arrangiati come puoi»”. I soldi dividono, l’amore dei soldi divide la comunità, divide la Chiesa.

Tante volte, nella storia della Chiesa, dove ci sono deviazioni dottrinali – non sempre, però tante volte – dietro ci sono dei soldi: i soldi del potere, sia potere politico, sia soldi in contanti, ma sono soldi. I soldi dividono la comunità. Per questo, la povertà è la madre della comunità, la povertà è il muro che custodisce la comunità. I soldi dividono, l’interesse personale. Anche nelle famiglie: quante famiglie sono finite divise per un’eredità? Quante famiglie? E non si parlarono più … Quante famiglie … Un’eredità … Dividono: i soldi dividono.

Un’altra cosa che divide una comunità è la vanità, quella voglia di sentirsi migliore degli altri. “Ti ringrazio, Signore, perché io non sono come gli altri” (cfr Lc 18,11), la preghiera del fariseo. La vanità, sentirmi che … E anche la vanità nel farmi vedere, la vanità nelle abitudini, nel vestirsi: quante volte – non sempre ma quante volte – la celebrazione di un sacramento è un esempio di vanità, chi va con i vestiti migliori, chi fa quello e l’altro … La vanità … per la festa più grande … Anche lì entra la vanità. E la vanità divide. Perché la vanità ti porta a fare il pavone e dove c’è il pavone, c’è divisione, sempre.

Una terza cosa che divide una comunità è il chiacchiericcio: non è la prima volta che lo dico, ma è la realtà. È la realtà. Quella cosa che il diavolo mette in noi, come un bisogno di sparlare degli altri. “Ma che buona persona è quella …” – “Sì, sì, ma però …”: subito il “ma”: quello è una pietra per squalificare l’altro e subito qualche cosa che ho sentito la dico e così l’altro lo abbasso un po’.

Ma lo Spirito viene sempre con la sua forza per salvarci da questa mondanità dei soldi, della vanità e del chiacchiericcio, perché lo Spirito non è il mondo: è contro il mondo. È capace di fare questi miracoli, queste grandi cose.

Chiediamo al Signore questa docilità allo Spirito perché Lui ci trasformi e trasformi le nostre comunità, le nostre comunità parrocchiali, diocesane, religiose: le trasformi, per andare sempre avanti nell’armonia che Gesù vuole per la comunità cristiana.

Il Papa ha terminato la celebrazione con l’adorazione e la benedizione eucaristica, invitando a fare la Comunione spirituale.

Gesù mio, credo che sei realmente presente nel Santissimo Sacramento dell’altare. Ti amo sopra ogni cosa e ti desidero nell’anima mia. Poiché ora non posso riceverti sacramentalmente, vieni almeno spiritualmente nel mio cuore. Come già venuto, io ti abbraccio e tutto mi unisco a Te. Non permettere che mi abbia mai a separare da Te.




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