Pallavolo – Come uscirà il volley dalla crisi?

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Volley – Lo stop e le polemiche pesano come macigni sul campionato di volley in Italia. Divisioni, polemiche e divergenze devono comunque confrontarsi con il futuro. Come inciderà lo stop da coronavirus sul mondo del volley italiano ed internazionale?

In queste ore arrivano interessanti dichiarazioni dal volley femminile capitolino nella persona del direttore Generale dell’Acqua & Sapone Roma Volley Club, Roberto Mignemi al Corriere dello Sport.

« Conclusisi tutti i campionati agonistici, dalla serie A alle categorie giovanili, c’è un momento di riflessione e confronto generale, tra Federazione, Lega, Procuratori, Atlete, Società. Ci sono divergenze, direi inevitabili perché l’epilogo è stato rapido e forzato dalla pandemia. Credo però diventi quanto mai importante cogliere l’occasione per comprendere quali potranno essere gli scenari futuri e non fermarsi a diatribe relative esclusivamente alla conclusione di questa stagione ».

Esistono però alcune differenze che potrebbero creare tensioni nell’ambiente.

« Questo è certo, ma a mio parere il problema sta nel comprendere la situazione per costruire il futuro e non tanto per risolvere le problematiche di questo campionato. È vero, come dicono alcuni, che non tutte le società della serie A sono finanziariamente floride. Credo che la Lega abbia fatto un ottimo lavoro, stabilendo regole e limitando i possibili casi di fallimento e i comportamenti inopportuni, ma alcuni problemi persistono. Dobbiamo tutti prendere atto di due fatti: il costo dei campionati di alto livello è attualmente eccessivo e il prossimo anno sarà economicamente, per la contingenza con le difficoltà che dovranno affrontare tutte le aziende, un anno ancor più complicato. Diversi sponsor hanno già comunicato la sospensione delle proprie prestazioni per le difficoltà derivanti dalla situazione dei mercati e, alcuni, anche per il parziale ritorno del loro investimento vista la chiusura anticipata dei campionati. Tutti, nessuno escluso, dobbiamo prendere atto che questa è la situazione reale e non si può continuare così ».

Quindi cosa succederà a livello di programmazione e cosa propone da un’ottica manageriale?

« I budget dovranno essere rivisti al ribasso, ma direi di più, è fondamentale comprendere che se non si vogliono avere problemi finanziari, il valore complessivo degli investimenti richiesti per il campionato di serie A1 e A2, stipendi, organizzazione, trasferte, impianto di gioco e infrastrutture, alloggi, tasse gara e così via, debbano corrispondere al valore di vendita del prodotto Serie A. La formula è semplice. Se l’ammontare globale delle sponsorizzazioni del campionato di serie A2, ipotizziamo sia di sei milioni di euro, questo è il valore del prodotto serie A2, quindi nel complesso le squadre non potranno spendere più di quei sei milioni di euro incassabili da sponsor ed eventuali diritti. Il rischio, superando il valore del “prodotto”, è quello di non essere in grado, poi, di far fronte agli impegni presi e di far così perdere credibilità all’intero campionato e a tutto il movimento pallavolistico ».

Quindi lei suggerisce di partire dalla verifica del valore del “prodotto”?

« Certo, ma questo è fondamentale perché il conto economico possa quadrare. La sostenibilità dell’investimento è imprescindibile per tutte le società e dovrebbe interessare tutte le parti coinvolte. Non si possono affrontare campionati di alto livello solo con passione e buona volontà. È ovvio che potremo fare tanto perché il nostro “prodotto” possa valere di più, ma è un lavoro da fare con la Lega, e non solo. Ogni società deve lavorare in sinergia con le altre. Dobbiamo superare il concetto di “parrocchie indipendenti”, dobbiamo incentivare il miglioramento dello spettacolo e studiare insieme come portare ritorno d’immagine, commerciale e marketing agli sponsor, come rendere, insieme alla Lega, più vendibile il tutto ».

Ci sono proposte di club di A1 di trasformare il campionato di vertice in una sorta di NBA, cosa ne pensa?

« Sono favorevole, anche se bisogna riconoscere che non siamo pronti, tanto come “prodotto” pallavolo che come società sportive e infrastrutture. Credo però che ci sono spunti molto interessanti derivanti dalla NBA, ad esempio i tetti salariali per i club, così da permettere a tutti di poter competere, ma con investimenti sostenibili, e se qualcuno li vuole, o meglio, li può infrangere avrà l’obbligo di versare una quota a sostegno degli altri club, nel rispetto del concetto solidario tra i club e dello spettacolo, possibile solo con campionati equilibrati. Importante è anche proteggere gli investimenti di club, città e sponsor disponibili a migliorare infrastrutture, organizzazione, spettacolo, garantendo a questi un ammortamento pluriennale basato su una serie di diritti garantiti; vanno premiati i club virtuosi. Oggi, non credo sia possibile mettere in pratica un simulacro di NBA nel volley, ma è giusto crescere e tenere in conto di altre esperienze vincenti per fare dei nostri campionati di alto livello anche dei prodotti televisivi e di marketing importanti. Ne abbiamo tutti i presupposti, ma dobbiamo aprirci al nuovo e lavorare in questi mesi. Ben vengano le idee propositive ».

Ci sono dissapori delle atlete, non solo pallavoliste, per non essere trattate contrattualmente da professioniste. Come la vede?

« Sinceramente non mi sembrano richieste fuori luogo, ma debbo dire che, ad oggi, non ci sono né i presupposti legali né quelli economici per poterlo fare a breve. Anche perché, dev’essere chiaro, che se ci si vuole avvicinare al professionismo bisogna, come nel mondo del lavoro, iniziare a parlare di stipendi lordi. Il che, se non ci saranno leggi speciali per le atlete, abbasserà il netto percepito dalle stesse. Io proporrei un passaggio intermedio che coinvolgesse tutti, atlete, procuratori, club, Lega, Federazione, Coni. Suggerirei però di lavorare in questa fase su aspetti integrativi. Faccio un paio di proposte. La prima; creare una formazione propedeutica alla fase post agonistica, un investimento dei club, dei procuratori, della Lega e della Federazione per formare le atlete al dopo, a quando lasceranno con 30/35 anni il volley agonistico e dovranno entrare nel mondo del lavoro. Le pallavoliste risultano essere le atlete con la più alta percentuale di laureate, ma bisogna aiutarle a prepararsi ad entrare nel mercato del lavoro e questo potrebbe essere una parte del compenso e della cura del rapporto che le parti in causa potrebbero apportare a favore delle ragazze. La seconda; creare un fondo pensionistico a sostegno delle atlete con una parte pagata dalle società, pari ad una percentuale del contratto in essere, magari con uno sponsor assicurativo scelto dalla Lega, che garantisca una liquidazione di fine carriera. Sono solo degli esempi, per sintesi non mi estendo oltre, ma, nel computo totale, sarebbero già un passo importante a sostegno delle atlete ».

Veniamo all’ipotesi che aleggia in questi giorni su tutti i campionati per la prossima stagione, quella di partite a porte chiuse o comunque con affluenza molto limitata per garantire il distanziamento sociale. Cosa propone?

« Da imprenditore cerco di cogliere sempre le opportunità che possono esistere nelle difficoltà. Deve essere uno stimolo ad incentivare alcuni aspetti fondamentali, utili anche una volta superata questa fase, per arrivare a proporre un prodotto di alto livello. Il volley è uno sport molto idoneo alle riprese televisive e su questo dobbiamo lavorare per ampliare la nostra base di spettatori, anche in zone che non hanno una squadra in serie A. Innanzitutto dobbiamo migliorare in maniera sensibile la qualità del “prodotto finito” in streaming di tutte le partite di serie A, dove esiste già una marcata differenza tra A1 e A2. Migliorare la qualità tecnica, gli impianti, creare riprese da diversi punti del campo, aggiungere replay e grafiche di alto livello, commenti qualificati e costruirci anche spazi promo pubblicitari per gli sponsor e interazioni col pubblico da casa. Differenziare gli orari delle partite così da renderle quasi tutte fruibili on line, in diretta, o comunque avere almeno alcune fasce differenziate per la copertura dei due campionati. Ottimizzare le piattaforme digitali dei club, i social, così come quelle della Lega e dei soggetti in causa, per sfruttare al meglio le opportunità importanti di marketing digitale e altre attività che potrebbero essere gestite in una piattaforma comune a beneficio di squadre e sponsor. Sarebbe poi importantissimo trovare l’accordo con un canale nazionale che creda pienamente nel potenziale del volley e magari anche con piattaforme internazionali. Se fosse data la possibilità di accedere in numero esiguo agli impianti, creare contest o promo per permettere a un pubblico selezionato, premiato, già fidelizzato con gli streaming e le piattaforme social, di accedere una tantum allo spettacolo premium dal vivo, con un servizio personalizzato e magari la possibilità di conoscere le giocatrici o ricevere del merchandising firmato, tutto per , premianti anche per chi investe nel nostro sport ».

Tre parole chiave per il “prodotto” pallavolo del futuro?

« Sostenibilitàqualitàinnovazione. Mi permetto di aggiungerne una quarta: coraggio ».




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