21 Marzo 2020: Ayrton Senna avrebbe compiuto 60 anni

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Senna – “Se una persona non ha più sogni, non ha più alcuna ragione di vivere. Sognare è necessario, anche se nel sogno va intravista la realtà. Per me è uno dei principi della vita”.

 

Ayrton Senna Da Silva nasce il 21 marzo 1960 nel distretto di Santana nella parte settentrionale di San Paolo, secondogenito di Neide F. Senna e Milton Da Silva. La sua famiglia gode di uno stile di vita superiore alla media delle famiglie brasiliane e Ayrton ricorderà sempre l’importanza della tranquillità, anche economica, e dell’affetto ricevuto per la sua crescita e la sua maturazione umana e sportiva. Sarà sempre molto legato ai genitori, al fratello Leonardo e alla sorella Viviane. Il padre, nella sua officina meccanica, gli costruisce un piccolo go-kart e Ayrton inizia a guidare già all’età di quattro anni.

 

La sua più grande passione per tutto il periodo della giovinezza diventano proprio i go-kart; impara sia l’arte del meccanico che quella del pilota: molte sue vittorie adolescenziali sono dovute alla profonda conoscenza del suo kart.

Ayrton fa il suo debutto in una gara ufficiale nel 1973 sulla pista di Interlagos: vittoria nella prima corsa. Corre con un casco giallo dipinto da Sid Mosca, inizialmente con una striscia verde alla quale poi aggiunge una banda blu, i colori della bandiera brasiliana, simbolo del suo paese e della sua gente.

 

Il padre intuisce le potenzialità del ragazzo e lo affida a “Tche”, il miglior preparatore disponibile, che ricorda: “Non esistevano altri concorrenti per lui. Gareggiava sempre per vincere. Doveva essere vittoria o niente. Era un individualista, e mirava costantemente alla perfezione. Era attento a ogni dettaglio. Per esempio, non avrebbe mai tollerato una gomma graffiata, tutto doveva essere perfetto.”

 

Ayrton Senna rimane nella storia perché segnò profondamente il modo di correre in kart, e la sua tecnica è tutt’oggi adottata universalmente: da sempre i piloti, nei lunghi rettilinei, bloccano il condotto del carburatore con la mano destra per arricchire la miscela e lubrificare meglio il cilindro con più benzina, poi mettono di nuovo entrambe le mani sul volante per affrontare le curve. Ayrton invece era in grado di farlo anche in curva, sfruttandone i vantaggi in uscita.

 

Il passo successivo sulla scena internazionale è la partecipazione al campionato del mondo del 1978 a Le Mans in Francia. Al primo test sul circuito Parma-San Pancrazio con i fratelli Parilla, proprietari della famosa fabbrica di motori DAP, situata nella periferia industriale di Milano, Ayrton è più veloce dell’irlandese Terry Fullerton, pilota ufficiale DAP e campione del mondo nel 1973.

 

Ayrton non aveva dubbi, per diventare un pilota di F1 doveva lasciare il Brasile, la sua famiglia, i suoi amici, per trasferirsi nella patria dell’automobilismo: l’Inghilterra. La scelta sulla categoria cadde sulla Formula Ford, eccezionale nel mettere tutti i piloti sullo stesso piano grazie al motore unico. Questa categoria consente ad un giovane pilota di imparare tutto ciò di cui ha bisogno sulle monoposto da competizione e di affinare il controllo della vettura, molto critico a causa della mancanza di appendici aerodinamiche. Fu il primo pilota a vincere entrambi i campionati Townsend Thorensen e RAC al debutto.

 

Nonostante il successo Ayrton non era felice. Sua moglie Lilian aveva difficoltà a sostenere la pressione delle gare ogni settimana, la famiglia non era felice di averlo lontano da casa, lui stesso non riusciva a adattarsi a quel paese così diverso dal suo caldo Brasile; e in più la stampa brasiliana non mostrava grande interesse per i suoi risultati. Il sostegno della stampa era vitale per ottenere sponsorizzazioni e Ayrton doveva competere con Moreno e Bosel, allora al vertice della Formula 3 e con Nelson Piquet, protagonista in Formula 1.

 

Con 2 titoli di FFord 2000 in mano, Ayrton Senna ha solo 23 anni quando passa alla Formula 3. E’ il 1983 il suo anno: nel campionato inglese stabilisce il record di dieci vittorie nelle prime dieci gare disputate, con nove pole position e restando al comando per 185 giri su 187 totali.

 

A metà stagione la superiorità dimostrata in pista, il ritmo impossibile che imponeva nei primi giri, i sorpassi all’esterno compiuti con facilità imbarazzante non lasciavano spazio a dubbi, il titolo non poteva che essere suo.

 

Ayrton Senna era il quattordicesimo pilota brasiliano a entrare a far parte del prestigioso mondo della F1. Questo lo caricava di enormi responsabilità, il Brasile aveva già avuto due campioni del mondo, Piquet e Fittipaldi, e lui stesso si era costruito la fama di vincente ovunque.

 

E’ il 1984 e la sua macchina è una Toleman; è un anno di importanti esperienze e di qualche significativa soddisfazione: basti ricordare la splendida gara a Montecarlo sotto la pioggia dove arrivò addirittura a sfiorare la vittoria che, sarebbe senz’altro giunta se l’allora direttore di gara Jacky Ickx, non avesse interrotto la corsa proprio mentre Senna era nel mirino della McLaren di Prost. In quell’anno concluse il mondiale in nona posizione.

 

L’anno successivo Senna passa alla Lotus-Renault, vettura senz’altro competitiva, ma non ancora a livello delle migliori, tuttavia in quell’anno arrivano le prime due vittorie nel mondiale, la prima sotto l’acqua dell’Estoril in Portogallo, la seconda a Spa in Belgio. Senna rimane alla Lotus fino al 1987 vincendo altre quattro gare (Spagna, Monaco e due volte negli USA) e classificandosi quarto nel nei mondiali 1985, 1986 e terzo nel 1987.

 

Nel 1988 passa alla McLaren: Senna coglie 8 vittorie e il suo primo titolo mondiale in F1.

 

Il 1989 è l’anno della grande battaglia con Alain Prost che sfocerà nell’incidente provocato dal pilota francese a Suzuka e che costerà ad Ayrton il titolo mondiale, tolto a tavolino per squalifica. Ayrton si rifà l’anno seguente: sempre a Suzuka avviene un incidente tra la Ferrari di Prost e la McLaren del brasiliano; questa volta il titolo va al brasiliano.

 

Nel 1991 il suo rivale è Nigel Mansell ma è Ayrton Senna che a fine campionato scriverà per la terza volta il suo nome nell’albo d’oro.

 

Nel biennio 1992-1993 la McLaren è molto inferiore alla Williams e per Senna non ci sarà possibilità di vincere il mondiale.

 

Il 1994 segna il passaggio di Ayrton alla Williams: Senna dispone di una monoposto superiore alla concorrenza, ma lo stesso pilota alle prime prove smentisce e sorprende tutti avvertendo di incontrare difficoltà nella gestione della nuova vettura; la scuderia rivale in quell’anno è la Benetton, rappresentata dal giovane talento tedesco Michael Schumacher, che alla fine della stagione sarà campione.

 

Alle prime tre gare Senna conquista la Pole Position, quasi a ribadire una superiorità indiscussa in qualifica, ma alla prima gara in Brasile finisce in testacoda; nella seconda ad Aida in Adelaide si ritira per un incidente alla partenza.

 

La terza gara si corre ad Imola, nel GP di San Marino: tutto l’ambiente è già fortemente scosso dalla morte del pilota Roland Ratzenberger avvenuta il giorno precedente durante le prove. Al settimo giro, per la probabile rottura del piantone dello sterzo, Ayrton Senna esce di pista alla curva del Tamburello: lo schianto della sua Williams contro il muretto a 300 chilometri orari è terribile.

 

Il campione brasiliano viene subito soccorso e portato al vicino ospedale di Bologna in elicottero.

Nonostante lo sforzo dei medici nel tentativo di salvarlo, Senna muore alle 18:30 per le gravi contusioni riportate alla nuca. E’ il 1 maggio 1994.

 

E’ il triste giorno in cui il grande campione, all’età di 34 anni, scompare tragicamente entrando di fatto come un mito e – per il suo talento, la sua serietà e la sua umanità – una leggenda, nella storia dello sport mondiale.

 

Ecco le ultime ore di Senna:

Senna come tutti i piloti è sotto choc per quanto sta accadendo nel Circus della F1. Il venerdì durante le prove libere, lo spaventoso incidente di un giovane Rubens Barrichello. Il sabato la morte di Ratzenberger. Ratzenberger muore sul colpo. Perde sangue dalla bocca e dal naso, ha la spina dorsale spezzata e una frattura alla base cranica, ma si cerca comunque di rianimarlo evitando di dichiararne la morte e anzi lo si trasporta in elicottero in ospedale. Se si dichiarasse morto sul posto si renderebbe necessaria la sospensione del gran premio con il sequestro probatorio della pista e consequenziale annullamento della prova. Senna volle andare sul luogo dell’incidente, la curva Villeneuve, cosa non consentita, ed infatti venne multato. Senna fu veramente colpito dall’incidente mortale a Ratzenberger, tanto che il giorno dopo, quando gli tolsero la tuta gli trovarono una bandiera austriaca, da sventolare in caso di vittoria

 

La mattina della gara ha l’espressione di uno che ha dormito poco. Che ci avesse pensato quella notte, a lasciare le gare, è un fatto che è testimoniato da alcune conversazioni che ha avuto. La questione sicurezza stava molto a cuore ai piloti e storicamente hanno sempre lottato per avere migliori condizioni in questo senso. Ma erano anni che non si verificava un incidente mortale. L’ultimo pilota a perdere la vita nel circus della F1 era stato Elio De Angelis, nel lontano 1986 nel corso di una sessione di prove private sul circuito Paul Ricard a Le Castellet, in Francia». All’epoca non era previsto, in caso di test privati, l’obbligo di adozione da parte degli autodromi delle misure di sicurezza adottate per i GP, in particolare l’adeguata collocazione dei soccorritori e dei mezzi di soccorso dislocati sul tracciato, mancanza che gli fu fatale. «Le macchine quell’anno erano velocissime, avevano un’aerodinamica talmente schiacciata al suolo rendeva difficilissimo correggere le traiettorie. Inoltre quelle auto rischiavano in certe situazioni di decollare, come è successo di fatto a Barrichello nell’incidente del venerdì. I piloti lo sapevano, Ayrton lo sapeva. Imola è poi una pista veloce di suo, figuriamoci quindi se non fossero preoccupati».

 

«Al via ci fu un tamponamento e volarono anche ruote tra il pubblico. Al settimo giro poi, l’incidente di Senna. Da quel momento la Formula 1 è cambiata, doveva cambiare». Tu dov’eri quando è accaduto? In quel momento esatto intendo, dove ti trovavi? In tribuna, in sala stampa? «Mentre tutti i colleghi erano concentrati sui monitor a confrontare tempi, posizioni, traiettorie di guida, io cercavo e guardavo sempre e solo Senna. Così quando al settimo giro è entrato nel rettilineo che porta al traguardo io l’ho visto sfrecciare e arrivare fino all’ingresso della curva del Tamburello. Quando mi volto verso i monitor lo vedo uscire di pista e impattare sul muretto. Abbiamo capito subito tutti cosa era accaduto ma non avevamo il coraggio di ammetterlo». Fu una inchiesta di Auto Sprint a svelare cosa esattamente ha ucciso il pilota. Un piantone saldato male che si è spezzato, un pezzo della sospensione che è volato e si è infilato nell’impatto nella fessura tra la visiera e la scocca del casco, perforandone il cranio.




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