Mes – Contro il Mes qualcosa appare muoversi in Italia. Ne è sicura Giorgia Meloni: il premier Giuseppe Conte accoglierà la richiesta avanzata dai leader dell’opposizioni a Palazzo Chigi di imporsi in Europa affinché non venga approvato il Mes. “Un trattato salva banche tedesche e ammazza economia italiana”, lo definisce la leader di FdI, che assicura come sia Conte che il ministro Gualtieri abbiano dato la loro parola d’onore che il Trattato non sarà firmato o accettato dall’Italia alla prossima riunione dell’Eurogruppo fissata il 16 marzo.
La priorità in questo momento è l’emergenza Coronavirus, tanto più che anche gli altri Paesi europei, Germania in primis, si stanno rendendo conto che l’epidemia si sta espandendo esponenzialmente anche nel loro territorio e che si riuscirà a debellare solo remando tutti in un’unica direzione. Proprio come stanno facendo i due ex alleati Lega e 5Stelle: divisi ormai su tutto ma uniti per tentare di arginare l’emergenza e nella battaglia contro gli “euroburocrati”.
Alessandro Di Battista, Barbara Lezzi e l’europarlamentare Ignazio Corrao: “Assurdo, prima l’approvazione del Mes, poi il backstop per mettere al sicuro le grandi banche e infine, se resta tempo, l’emergenza coronavirus. Non è accettabile. L’Italia deve avanzare una sola richiesta: lo stralcio della discussione sul Mes e l’inserimento, come unico punto possibile, dell’emergenza coronavirus. L’unica risposta possibile è, dunque, un rigetto ancor più rigido e radicale (che andava già fatto a prescindere dalla tempistica) del trattato da parte del nostro Stato, che è il terzo azionista-contributore di un fondo a cui potrebbe accedere solo a determinate e onerose condizioni”, proseguono i tre esponenti pentastellati: “Senza un intervento è chiaro che spetterà al Parlamento italiano porre la parola fine a questa discussione non approvando la ratifica”.
Del resto anche la Lega è sempre stata fortemente contraria ad un meccanismo che valuta i Paesi sulla base del rapporto tra debito pubblico e Pil e che di fatto porterebbe a condizioni durissime per le imprese e per tutti i risparmiatori nel caso l’Italia dovesse chiederne il supporto. E se Di Battista nel suo post scrive che “è il momento di adeguare l’azione dell’Ue alle richieste dei cittadini europei”, ancor più netta l’europarlamentare del Carroccio Cinzia Bonfrisco: “Mentre l’Italia chiede all’Ue interventi concreti per far fronte all’epidemia di Coronavirus all’Eurogruppo parlano della riforma del Mes, dimostrando così quanto le politiche europee siamo distanti dalle reali esigenze dei popoli”.
Che sia la volta buona per arginare un Unione Europea che prosegue nel sottovalutare le richieste italiane?
l MES sostituisce il Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF) e il Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (MESF), nati per salvare dall’insolvenza gli stati di Portogallo e Irlanda, investiti dalla crisi economico-finanziaria. Il MES è attivo da luglio 2012 con una capacità di oltre 650 miliardi di euro, compresi i fondi residui dal fondo temporaneo europeo, pari a 250-300 miliardi.
Il MES è regolato dalla legislazione internazionale e ha sede in Lussemburgo. Il fondo emette prestiti (concessi a tassi fissi o variabili) per assicurare assistenza finanziaria ai paesi in difficoltà e acquista titoli sul mercato primario (contemporaneamente all’attivazione del programma Outright Monetary Transaction), ma a condizioni molto severe. Queste condizioni rigorose “possono spaziare da un programma di correzioni macroeconomiche al rispetto costante di condizioni di ammissibilità predefinite” (art. 12). Potranno essere attuati, inoltre, interventi sanzionatori per gli stati che non dovessero rispettare le scadenze di restituzione i cui proventi andranno ad aggiungersi allo stesso MES.[12] È previsto, tra le altre cose, che “in caso di mancato pagamento, da parte di un membro dell’Esm, di una qualsiasi parte dell’importo da esso dovuto a titolo degli obblighi contratti in relazione a quote da versare […] detto membro dell’Esm non potrà esercitare i propri diritti di voto per l’intera durata di tale inadempienza” (art. 4, c. 8).
Il fondo è gestito dal Consiglio dei governatori formato dai ministri finanziari dell’area euro, da un Consiglio di amministrazione (nominato dal Consiglio dei governatori) e da un direttore generale, con diritto di voto, nonché dal commissario europeo per gli affari economico-monetari e dal presidente della BCE nel ruolo di osservatori. Le decisioni del Consiglio devono essere prese a maggioranza qualificata o a maggioranza semplice (art. 4, c. 2). Il MES emette strumenti finanziari e titoli, simili a quelli che il FESF emise per erogare gli aiuti a Irlanda, Portogallo e Grecia (con la garanzia dei paesi dell’area euro, in proporzione alle rispettive quote di capitale nella BCE), e potrà acquistare titoli di stati dell’euro zona sul mercato primario e secondario. Il fondo potrà concludere intese o accordi finanziari anche con istituzioni finanziarie e istituti privati. È previsto l’appoggio anche delle banche private nel fornire aiuto agli stati in difficoltà. In caso di insolvenza di uno Stato finanziato dallo MES, quest’ultimo avrà diritto a essere rimborsato prima dei creditori privati.
L’operato del MES, i suoi beni e patrimoni ovunque si trovino e chiunque li detenga, godono dell’immunità da ogni forma di processo giudiziario (art. 32). Nell’interesse del MES, tutti i membri del personale sono immuni a procedimenti legali in relazione ad atti da essi compiuti nell’esercizio delle proprie funzioni e godono dell’inviolabilità nei confronti dei loro atti e documenti ufficiali (art. 35). Tuttavia, un collegio di cinque revisori esterni (art. 30, comma 1 e 2), indipendente e nominato dai governatori del fondo, ha accesso ai libri contabili e alle singole transazioni del MES. La composizione del collegio è così ripartita: un membro proviene dalla Corte dei Conti Europea, e altri due a rotazione dagli organi supremi di controllo degli Stati membri.
La Corte Costituzionale tedesca ha posto un limite al contributo tedesco al salvataggio dei Paesi in difficoltà, evitando comunque di vincolare ogni singola azione dell’Esm al giudizio del Parlamento.