DIFESA PLANETARIA: UNA MAPPA PER SALVARSI

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DIFESA PLANETARIA – Un team del Mit ha delineato una mappa che permette di agire in tempo per scongiurare l’impatto di asteroidi sulla Terra, spostandoli dalla loro orbita prima che – imboccando la cosiddetta “serratura gravitazionale” – si indirizzino sulla via del non ritorno. Lo studio, pubblicato su Acta Astronautica, apre nuove prospettive nell’ambito della difesa planetaria

Apopi, il dio-serpente che incarnava il male e il caos nel pantheon degli antichi egizi, ha dato il nome a un asteroide dalle dimensioni della Torre Eiffel che passerà vicino al nostro pianeta nel 2029.

Si chiama 99942 Apophis, ed è stato scoperto nell’ormai lontano 2004. Inizialmente scatenò il panico: il 13 aprile del 2029 avrebbe avuto il 2,7% di probabilità di impatto, e sette anni dopo, nel passaggio ravvicinato del 2036, questa probabilità sarebbe cresciuta notevolmente portando (forse) l’apocalisse al di fuori delle pagine bibliche.

Successive misure più precise hanno poi ridimensionato il pericolo. Nel 2029 Apophis passerà sì vicino alla Terra, ma a una distanza di 31.200 chilometri dalla nostra bella superficie planetaria. È meno dell’altitudine a cui orbitano i satelliti per le telecomunicazioni più lontani, ma è comunque abbastanza per dormire sonni tranquilli, almeno per i prossimi anni.

Sì, perché anche se l’ira del dio Apophis non si scatenerà su di noi, non è escluso che tra qualche anno il problema si ripresenti nuovamente in forma simile, o potenzialmente peggiore.

In una ricerca del Massachusetts Institute of Technology (Mit) pubblicata su Acta Astronautica si delineano alcune linee guida su quali strategie potrebbero essere più efficaci per deflettere un asteroide in arrivo. Queste strategie devono prendere in considerazione la massa e la velocità degli asteroidi, oltre al loro passaggio nelle prossimità di una cosiddetta gravitational keyhole (serratura gravitazionale), la regione in cui l’influenza gravitazionale del pianeta modifica l’orbita dell’asteroide indirizzandolo verso l’impatto nelle orbite successive. Un altro fattore da prendere in considerazione è ovviamente la tempistica con cui si viene a conoscenza dell’imminente impatto.

I ricercatori hanno applicato il loro metodo proprio ad Apophis, ma anche a Bennu, l’asteroide obiettivo di Osiris-Rex, costruendo una sorta di mappa per decidere quale missione di difesa planetaria possa essere ottimale per questi due asteroidi.

«In genere, si considerano soprattutto le strategie per una deflessione all’ultimo minuto, quando l’asteroide è già passato nel keyhole e si trova in rotta di collisione con la Terra», dice Sung Wook Paek, il primo autore dello studio. «Io sono interessato a prevenire un passaggio nel keyhole ben prima dell’impatto con la Terra.»

Le strategie per la deflessione di asteroidi nello spazio includono la più classica – e controversa – detonazione nucleare e l’utilizzo di impattori cinetici. Questi ultimi sono sonde o missili che possono modificare l’orbita dell’asteroide semplicemente colpendolo, così come fanno le palle da biliardo durante uno scontro. Per essere efficaci occorre però selezionare opportunamente la velocità, il luogo di impatto e la composizione dell’impattore, e per farlo è richiesto conoscere il più precisamente possibile le caratteristiche dell’asteroide e della sua orbita.

Per questa ragione, nelle missioni considerate nel lavoro del Mit i lanci da terra devono essere due: una prima sonda ha il compito di misurare da vicino le caratteristiche dell’asteroide così da massimizzare la possibilità di successo dell’impattore, lanciato in un secondo momento. In un altro scenario le sonde del primo lancio possono essere due: la prima misura le caratteristiche dell’asteroide mentre la seconda lo colpisce spostandolo leggermente dalla sua traiettoria.

Quest’ultimo caso, per esempio, è quello che potrebbe essere adottato nel caso in cui un asteroide come Apophis rischi di passare nel suo keyhole a cinque anni dalla scoperta. Se il passaggio avviene tra i due e i cinque anni, ci sarebbe il tempo solo per una prima sonda prima del lancio dell’impattore. Se il passaggio nel keyhole dovesse avvenire entro un anno dalla scoperta dell’asteroide, potrebbe essere invece troppo tardi per intervenire con questa modalità e bisogna ideare un altro modo per affrontare il problema.

 

Qual è il più grande asteroide passato vicino alla Terra?

 

Il 21 giugno scorso un asteroide è esploso nel cielo della Russia senza causare danni: molti testimoni hanno descritto la spettacolare palla di fuoco apparsa improvvisamente e il boato prodotto. Cinque anni fa un altro asteroide precipitò sul nostro pianeta sempre in Russia, vicino alla città di Chelyabinsk, mandando in frantumi vetri di palazzi e facendo alcuni feriti. L’evento del 2013 fu causato da un oggetto spaziale del diametro stimato di circa 20 metri: ancora troppo piccolo per raggiungere il suolo e produrre un cratere ma abbastanza grande da far sentire gli effetti della sua esplosione nell’atmosfera fino a terra. L’asteroide di Chelyabinsk è stato il più grande che abbia colpito la Terra negli ultimi 25 anni. La Nasa ha stimato che tra il 1993 e il 2013 gli impatti di oggetti di varie dimensioni siano stati oltre 500, con una relazione inversa tra la frequenza degli impatti e la dimensione degli oggetti e la potenza della loro esplosione: gli impatti più gravi sono molto più rari.

 

L’asteroide più grande che sia passato, e che passerà ancora, così vicino alla Terra da essere considerato come un pericolo potenziale si chiama Toutatis. Nel 2004 questo oggetto spaziale è arrivato a circa un milione e mezzo di chilometri da noi, cioè 4 volte più lontano della Luna. Nel 2012 è ripassato, ma a 18 volte la distanza della Luna. Toutatis è un oggetto di forma allungata che ha un diametro stimato tra i 2,5 e i 5 chilometri, a seconda del lato preso in esame. Il meteorite che cadde 65 milioni di anni fa e che si pensa che abbia contribuito a provocare l’estinzione dei dinosauri poteva avere, secondo gli scienziati, un diametro di circa 10 chilometri, cioè il doppio.

 

Gli astronomi distinguono tra asteroidi (o oggetti) vicini alla Terra (in inglese Nea, Near Earth Asteroid, oppure Neo) e asteroidi potenzialmente pericolosi, come spiega il sito della International Astronomical Union.

 

I primi sono quelli che hanno un’orbita che li porta ad una distanza da noi che non superi del 30% la distanza della Terra da Sole, cioè che si avvicinino ad almeno 45 milioni di chilometri. Il più grande oggetto conosciuto di questo tipo è stato chiamato Ganimede e ha un diametro di oltre 30 chilometri. Ne sono stati osservati più di 18 mila ma la popolazione di Nea di grandezza superiore ai 40 metri potrebbe essere di 300 mila asteroidi mentre quelli grandi più di un chilometro sarebbero circa mille.

 

Gli asteroidi potenzialmente pericolosi passano molto più vicini: hanno un’orbita che li porta a meno di 20 volte la distanza che ci separa dalla Luna, cioè appena 7,5 milioni di chilometri. Per essere classificati come potenzialmente pericolosi devono anche avere un diametro di almeno 140 metri. Il più grande di questi è appunto Toutatis. Negli ultimi anni sono stati registrati tra 50 e 60 asteroidi passati a una distanza inferiore a quella della Luna.

 

Esiste una lista che include oltre 1800 asteroidi potenzialmente pericolosi, classificati in base all’anno di scoperta, a partire dall’asteroide battezzato Apollo e individuato nel 1932. Dalla lista si vede bene come il maggior numero di scoperte risalga agli ultimi anni, grazie alle tecnologie sempre più potenti.

 

Tuttavia, la Nasa stima che ci siano circa 300.000 asteroidi più grandi di 40 metri che potrebbero causare danni e che risultano difficili da individuare prima che si avvicinino.




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