Papa Francesco: i momenti importanti della visita pastorale in Africa

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africa donne e bimbi

Si è concluso con un successo il viaggio Pastorale di Papa Francesco in Africa. Il Pontefice ha compiuto interamente il suo programma tra gli applausi e l’affetto di popolazioni festanti.

Bergoglio non ha tralasciato nulla: incontri e parole per politici, religiosi ma soprattutto per ‘il suo popolo’.

Tante, innumerevoli le parole del Papa che hanno lasciato il segno in chi lo ha seguito in questo viaggio che ha lasciato la speranza in molti cuori, che ha ridato speranza a tanti poveri, che ha inviato messaggi di “porte aperte a tutti” della Chiesa al di là di ideali, nazionalità o religione.

Come non sottolineare l’invito agli africani a “non abbandonare i propri poveri” sottolineando così l’importanza del sapersi rimboccare le maniche e non attendere soltanto aiuti da Europa o America oppure le parole ed il rispetto dei riti nella moschea di Bangui visitata nelle ultime ore del suo viaggio. Da segnalare che due cristiani rapiti e minacciato di morte sono stati liberati subito dopo la visita alla moschea da parte di Francesco. Dulcis in fundo l’apertura della prima Porta Santa, ma non in Vaticano ma nella martoriata Africa.

Proprio da qui ricostruiamo le ultime ore del viaggio del Vescovo di Roma nel continente nero: infatti non a Roma ma a Bangui, in una delle tante periferie del mondo e con alcuni giorni di anticipo rispetto alla Chiesa universale, Papa Francesco ha inaugurato, nella Repubblica Centrafricana, il Giubileo della Misericordia. Il Santo Padre ha aperto la Porta Santa e poi è entrato per primo nella Cattedrale di Bangui, dove ha celebrato la Messa. Prima di giungere nella cattedrale il Papa ha fatto una breve sosta in un ospedale pediatrico di Bangui e ha portato in dono per i piccoli malati alcuni scatoloni di medicine messe a disposizione dall’ospedale Bambin Gesu’ di Roma (sosta non prevista nel programma ufficiale).

 

Il Pontefice ha esordito dicendo: “Bangui diviene la capitale la spirituale del mondo. L’Anno Santo della Misericordia viene in anticipo in questa terra. Tutti noi chiediamo pace, misericordia, riconciliazione, perdono, amore. Ha ‘il sapore dell’amore’ l’apertura della Porta Santa nella Repubblica Centrafricana, cuore dell’Africa afflitto da una sanguinosa guerra civile, non di religione, alimentata da odio e da violenze. E’ un popolo, quello abbracciato dal Papa, lacerato da una disperazione che ad alcuni non concede “nemmeno la forza di agire”. Quello che resta è solo l’attesa di un’elemosina nella speranza di ricevere cibo, giustizia e bontà. Ma la forza e la potenza di Dio guariscono l’uomo, lo fanno rialzare e lo rendono capace di cominciare una nuova vita passando all’altra riva. Dobbiamo perciò essere consapevoli che questo passaggio all’altra riva non si può fare se non con Lui, liberandoci dalle concezioni della famiglia e del sangue che dividono, per costruire una Chiesa-Famiglia di Dio, aperta a tutti, che si prende cura di coloro che hanno più bisogno. Non è prima di tutto una questione di mezzi finanziari; basta in realtà condividere la vita del popolo di Dio, rendendo ragione della speranza che è in noi (cfr 1 Pt 3,15), essendo testimoni dell’infinita misericordia di Dio”.

Quindi un monito: sarà il Signore ad avere l’ultima parola nonostante l’affannarsi dell’uomo: “L’amore per i nemici premunisce contro la tentazione della vendetta e contro la spirale delle rappresaglie senza fine. Il Signore è amore e i cristiani sono chiamati a dare testimonianza di questo Dio” soprattutto dove regnano violenza, odio, ingiustizia e persecuzione. La potenza dell’amore non arretra davanti a nulla”. Il Signore è più forte di tutto e anche quando le forze del male si scatenano Dio avrà l’ultima parola e questa parola sarà d’amore. A tutti quelli che usano ingiustamente le armi di questo mondo, lancio un appello: deponete questi strumenti di morte, armatevi piuttosto della giustizia, dell’amore e della misericordia, autentiche garanzie di pace.

Ha concluso rivolgendosi ai sacerdoti impegnati ad annunciare il Vangelo nella Repubblica Centrafricana. In questo Paese dal nome così suggestivo, chiamato a scoprire “il Signore come vero Centro di tutto ciò che è buono, la vocazione è di incarnare il cuore di Dio.

 

Di immenso valore anche le parole alla moschea di Bangui nel quale ha parlato puntualizzato dell’importanza che i cristiani ed i musulmani siano fratelli e mettano da parte le violenze perché cessi ogni azione violenta “che sfigura il Volto di Dio”.

 

“Siamo fratelli”. Una frase rivoluzionaria, considerati i tempi dell’odio instillato dalla paura, dell’ostilità generata dal sospetto. “Tra cristiani e musulmani siamo fratelli”, ha sottolineato Il Santo Padre senza nessuna paura. Le sue parole, pronunciate in italiano e tradotte alla lettera, hanno risuonato nella moschea di Koudoukou. Cinque imam hanno accolto poco prima il Papa scortandolo al podio posizionato ai margini dell’area riservata alla preghiera.

 

I presenti si sono ritrovati ad ascoltare le parole che di questi tempi in cui soltanto i coraggiosi hanno “la sfida” di pronunciare, doppiamente se vengono scandite in una città che da troppi anni ha per legge quella della violenza fondata – ha osservato schietto Francesco – su “motivi propriamente religiosi. Chi dice di credere in Dio deve essere anche un uomo o una donna di pace: tra cristiani e musulmani siamo fratelli. Dobbiamo dunque considerarci come tali, comportarci come tali. Dobbiamo dunque rimanere uniti perché cessi ogni azione che, da una parte e dall’altra, sfiguri il Volto di Dio ed abbia in fondo lo scopo di difendere con ogni mezzo interessi particolari, a scapito del bene comune. Insieme, diciamo no all’odio, no alla vendetta, no alla violenza, in particolare a quella che è perpetrata in nome di una religione o di Dio. Dio è pace, Dio salam.

Cristiani, musulmani e membri delle religioni tradizionali hanno vissuto pacificamente insieme per molti anni” e che dunque un tale patrimonio di concordia non deve essere sperperato.

Vorrei assicurare loro la mia gratitudine e la mia stima. E possiamo anche ricordare i tanti gesti di solidarietà che cristiani e musulmani hanno avuto nei riguardi di loro compatrioti di un’altra confessione religiosa, accogliendoli e difendendoli nel corso di questa ultima crisi, nel vostro Paese, ma anche in altre parti del mondo”.

Ha poi concluso parlando di politica e di democrazia: “ Che queste consultazioni nazionali diano al Paese dei responsabili che sappiano unire i centrafricani, e diventino così simboli dell’unità della nazione piuttosto che i rappresentanti di una fazione. Vi incoraggio vivamente a fare del vostro Paese una casa accogliente per tutti i suoi figli, senza distinzione di etnia, di appartenenza politica o di confessione religiosa. La Repubblica Centrafricana, situata nel cuore dell’Africa, grazie alla collaborazione di tutti i suoi figli, potrà allora dare un impulso in questo senso a tutto il continente. Essa potrà influenzarlo positivamente e aiutare a spegnere i focolai di tensione che vi sono presenti e che impediscono agli Africani di beneficiare di quello sviluppo che meritano e al quale hanno diritto”.

 

Bagno di folla anche alla Santa Messa nel complesso sportivo Barthélémy Boganda di Bangui dove la gente ha gremito anche l’esterno dello stadio: “Anche quando i tempi sono duri, perché si è ceduto alla diffidenza, alla violenza e all’istinto di distruzione, dobbiamo decidere con coraggio, in un rinnovato impegno missionario, di passare all’altra riva, cioè tendere verso il Signore, che ci propone la salvezza e la vita eterna. Cristiani del Centrafrica, ciascuno di voi è chiamato ad essere, con la perseveranza della sua fede e col suo impegno missionario, artigiano del rinnovamento umano e spirituale del vostro Paese. Sottolineo: artigiano del rinnovamento umano e spirituale del vostro Paese”.

 

Nella ricorrenza liturgica di Sant’Andrea Apostolo, che col fratello Pietro non esitò “un solo istante” a lasciare tutto e seguire Gesù, come riferisce l’odierno Vangelo di Matteo, portato alla celebrazione in piroga per ricordare l’arrivo dei primi missionari evangelizzatori, Francesco ha sottolinea come il grido di quei messaggeri che hanno trasmesso la fede oggi risuoni più che mai.

 

“Risuona qui, oggi, in questa terra del Centrafrica; risuona nei nostri cuori, nelle nostre famiglie, nelle nostre parrocchie, ovunque viviamo, e ci invita alla perseveranza nell’entusiasmo della missione, una missione che ha bisogno di nuovi messaggeri, ancora più numerosi, ancora più generosi, ancora più gioiosi, ancora più santi. E tutti noi siamo chiamati ad essere, ciascuno, questo messaggero che il nostro fratello, di qualsiasi etnia, religione, cultura, aspetta, spesso senza saperlo”.

La Parola va proclamata e ascoltata, per comprendere che l’altra riva, la vita eterna, non è un’illusione o una fuga dal mondo: è una potente realtà che ci impegna alla perseveranza nella fede e nell’amore che – come spiega San Paolo nella prima Lettura – ha il compito di condurre alla salvezza e trasforma già la nostra vita presente e il mondo in cui viviamo, per amare Dio e amare i fratelli in un modo nuovo. Per questo rendiamo grazie al Signore per la sua presenza e per la forza che ci dà nel quotidiano quando sperimentiamo la sofferenza fisica o morale, una pena, un lutto, ma anche per i nostri atti di solidarietà e generosità. Per la gioia e l’amore che fa brillare nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità, malgrado, a volte, la miseria, la violenza che ci circonda o la paura del domani; per il coraggio che mette nelle nostre anime di voler creare dei legami di amicizia, di dialogare con chi non è come noi, di perdonare chi ci ha fatto del male, di impegnarci nella costruzione di una società più giusta e fraterna dove nessuno è abbandonato.

 

Il Pontefice ha poi evidenziato come il Signore ci tenda la mano e ci inviti a seguirlo: “Voglio rendere grazie con voi al Signore di misericordia per tutto quello che vi ha concesso di compiere di bello, di generoso, di coraggioso, nelle vostre famiglie e nelle vostre comunità, durante gli eventi accaduti nel vostro Paese da molti anni”.

Ogni battezzato deve continuamente rompere con quello che c’è ancora in lui dell’uomo vecchio, dell’uomo peccatore, sempre pronto a risvegliarsi al richiamo del demonio – e quanto agisce nel nostro mondo e in questi tempi di conflitti, di odio e di guerra – per condurlo all’egoismo, a ripiegarsi su sé stesso e alla diffidenza, alla violenza e all’istinto di distruzione, alla vendetta, all’abbandono e allo sfruttamento dei più deboli.

Che l’Anno giubilare della Misericordia, appena iniziato in Centrafrica, sia l’occasione per chiedere perdono al Signore “per le troppe resistenze e per le lentezze nel rendere testimonianza al Vangelo. Voi, cari Centrafricani, dovete soprattutto guardare verso il futuro e, forti del cammino già percorso, decidere risolutamente di compiere una nuova tappa nella storia cristiana del vostro Paese, di lanciarvi verso nuovi orizzonti, di andare più al largo, in acque profonde”.

 

Le parole del Papa hanno avuto un impatto positivo e rigenerante anche sui vescovi africani: significative le parole del il vicepresidente dei vescovi del Centrafrica, monsignor Nestor Nongo Aziagbia: “Il Papa è venuto come pellegrino della pace per la Repubblica Centrafricana. E credo che tutti i centrafricani venuti ad accogliere il Papa siano giunti proprio come pellegrini della pace. Molte delle persone che sono venute dall’est del Paese e dal sud del Paese sono venute a piedi, camminando per diversi giorni… Hanno camminato fino a 150 chilometri a piedi per essere presenti all’incontro con il Papa. Il messaggio di pace lanciato dal Papa alla popolazione centrafricana è stato accolto con entusiasmo e credo germoglierà e porterà frutti di pace, di riconciliazione, di perdono al popolo centrafricano. La nostra gente temeva i tentativi dell’ultimo minuto per impedire al Papa di venire, ma il suo coraggio e la sua determinazione ci hanno confortato. E noi gli diciamo sinceramente: “Grazie!”.

 

Da ricordare sicuramente anche il discorso alla Casa di Carità di Nalukolongo dove vengono accolti e assistiti un centinaio di poveri di ogni religione ed età: “Il Vangelo ci impone di uscire verso le periferie della società e di trovare Cristo nel sofferente e in chi è nel bisogno. Il Signore ci dice, con parole inequivocabili, che ci giudicherà su questo! È triste quando le nostre società permettono che gli anziani siano scartati o dimenticati! È riprovevole quando i giovani vengono sfruttati dall’attuale schiavitù del traffico di esseri umani!

In molti luoghi del mondo – ha osservato il Papa – si stanno diffondendo l’egoismo e l’indifferenza. Tanti fratelli e sorelle sono vittime dell’odierna cultura dell’usa e getta, che ingenera disprezzo soprattutto nei confronti dei bambini non nati, dei giovani e degli anziani.

 

In quanto cristiani, non possiamo semplicemente stare a guardare, osservare cosa succede, e non fare niente. Qualcosa deve cambiare! Le nostre famiglie devono diventare segni ancora più evidenti dell’amore paziente e misericordioso di Dio, non solo per i nostri figli e i nostri anziani, ma per tutti coloro che si trovano nel bisogno. Le nostre parrocchie non devono chiudere le porte e le orecchie al grido dei poveri.

Solo in questo modo diamo testimonianza al Signore, che è venuto non per essere servito, ma per servire”, mostrando che “le persone contano più delle cose e che quello che siamo è più importante di ciò che possediamo. Infatti, proprio in coloro che serviamo, Cristo rivela ogni giorno sé stesso e prepara l’accoglienza che speriamo di ricevere un giorno nel suo Regno eterno.

 

Cari amici, attraverso gesti semplici, attraverso atti semplici e devoti che onorano Cristo nei suoi fratelli e sorelle più piccoli, facciamo entrare la forza del suo amore nel mondo e lo cambiamo realmente”.

 

Il viaggio si è concluso con la conferenza stampa in tarda serata (della quale vi aggiorneremo domani), il solito colloquio amichevole (almeno nella maggior parte dei casi) con chi segue con una certa ammirazione le sue gesta quotidiane.

 

In cinque intense giornate Il Vescovo di Roma ha toccato Kenya, Uganda e Repubblica Centroafricana incontrando non solo le comunità cristiane ma anche quelle islamiche offrendo un segno di apertura verso tutti.

 

Netta la condanna al terrorismo affrontato con coraggio fornendo un esempio a chi lo teme e vive nella paura. Per Francesco la religione autentica non c’entra con la violenza, pensare di esercitarla in nome di Dio è una bestemmia.

 

Va ricordato che prima di partire per l’Africa in Vaticano era stato recapitato questo inquietante comunicato diramato dall’Ambasciata italiana a Nairobi: “In occasione dell’imminente visita del Pontefice in Kenya, nonostante le imponenti misure di sicurezza adottate dalle Autorità del Kenya, non si può escludere l’eventualità del prodursi di atti ostili nelle località di Nairobi, Eldoret e Malindi. Si rinnova quindi l’invito a tutti i connazionali presenti a qualsiasi titolo in Kenya ad essere vigili limitando per quanto possibile la presenza presso gli uffici pubblici Keniani e presso strutture turistiche frequentate da occidentali.”

Bergoglio sarebbe stato fortemente in pericolo di vita soprattutto nei giorni dal 27 al 29 novembre quando si troverà a celebrare l’apertura del Giubileo in Centrafrica. Ma il coraggio del Papa è andato oltre…..

 

Fortemente evidenziato anche come combattere il male alla cui radice si trova la concentrazione di potere e ricchezza nelle mani di una minoranza che sfrutta in tutti i modi una crescente maggioranza, riducendola in condizioni di miseria e degrado. Da qui la condanna al “sistema imperante che è ingiusto perché mette al centro il Dio denaro non la persona”.

 

Affrontati anche i temi concernenti etnie diverse, Il Santo Padre ha chiesto alla Chiesa cattolica coerenza con i valori del Vangelo e spirito evangelizzatore in un contesto difficile, fatto anche di violenze e persecuzioni, ha incoraggiato i missionari e le istituzioni educative cattoliche presenti nella regione e sostenute da un laicato forte e diffuso. Inoltre ha ricordato i conflitti che devastano l’Africa e hanno riflessi globali.

 

 

Memorabili gli incontri con i rifugiati in fuga dalle guerre e le visite nei quartieri dove si vive nel disagio sociale.

 

Un viaggio importante in un area, quella africana in cui il cristianesimo crescerà in modo importante (ancor più dopo questo viaggio): da qui al 2050 proprio nell’Africa sub-sahariana si passerà da 517 milioni di fedeli a oltre un miliardo, il 38% dei cristiani di tutto il mondo vivranno in questa regione. La Chiesa cattolica da qui al 2040 potrebbe vedere raddoppiati i suoi fedeli nel continente arrivando a toccare i 460 milioni di persone. Va sottolineato che, complessivamente, sempre nel 2050, il 60% dei cristiani a livello globale vivrà in Africa, Caraibi e America Latina.

 

Non va dimenticato che in Africa vi sono alcuni nodi da sciogliere: l’inculturazione del Vangelo, del rapporto fra culture locali e dettami etici e morali, e poi questioni come l’omosessualità, la visione familiare, il ruolo del clan, le convivenze prolungate, il confronto con la poligamia musulmana, e anche le liturgie, la modalità di dire la messa, le forme dell’annuncio del Vangelo, i fenomeni di corruzione interna, il clero con figli, gli scontri interreligiosi, sono oggetto di revisione e studio da parte della Chiesa. Una problematica intricata e ampia emersa bene al recente sinodo sulla famiglia dove la complessità africana – non sempre traducibile in uno schema conservatori-progressisti – si è manifestata con forza.

 

Infine fra le grandi questioni che il Papa toccherà c’è quella dell’ambiente, particolarmente sentita da molte realtà politiche ed ecclesiali africane che hanno visto in Francesco l’interprete finalmente autorevole e ascoltato di una preoccupazione per il riscaldamento climatico globale (global warming) che colpisce in modo concreto diversi Paesi della regione. Non a caso Il Santo Padre è intervenuto nel quartier generale dell’Onu in Africa a Nairobi ed è specializzato sulle questioni ambientali.

Tutto questo proprio mentre a Parigi si discute del clima tanto caro a Francesco (conferenza mondiale sul clima (Cop21). Nel cuore del Pontefice la speranza che i governanti comprendano la gravità del problema ma già dalle prima avvisaglie sembra esserci un dialogo tra sordi. Indiscrezioni già narrano dell’impossibilità di arrivare ad un accordo prima della fine del vertice parigino. Cina ed USA hanno interessi enormi, così grandi da apparire più importanti della salvaguardia del mondo. Papa Bergoglio ci mostra quotidianamente che nulla è impossibile volendolo ed allora speriamo che i suoi ripetuti appelli vengano raccolti da chi finge di interessarsi del mondo per poi piegarsi agli interessi economici di poche lobby ma dal grande potere: una forza cosi grande da poter avere la meglio sulla salvezza del pianeta Terra?

 

 

 

Raffaele Dicembrino




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