Movienerd – Il ritorno di Aldo, Giovanni e Giacomo con “Odio l’estate”

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Movienerd – Odio l’estate – Aldo, Giovanni e Giacomo sono tornati e con un film tutto da vedere. Odio l’estate, diretto da Massimo Venier è nei cinema da ieri ed in pieno inverno!. Una scelta, davvero, da Aldo Giovanni e Giacomo…

Le regole per una vacanza perfetta: non si parte senza il canotto, non si parte senza il cane, ma soprattutto non si prenota la stessa casa. Aldo Giovanni e Giacomo partono per le vacanze estive, non si conoscono e non potrebbero avere delle famiglie e delle vite più diverse: il precisetto organizzatissimo ma con un’attività in proprio fallimentare, il medico di successo alle prese con un figlio in piena crisi preadolescenziale, l’ipocondriaco nullafacente con un cane di nome Brian e la passione per Massimo Ranieri.   Tre vite lontanissime che si incontrano accidentalmente in una piccola isola della costa italiana: stessa spiaggia, stesso mare, ma soprattutto stessa casa in affitto. Lo scontro è inevitabile e spassosissimo: abitudini diverse, due figli che si innamorano, tre mogli che partono col piede sbagliato ma finiscono per ballare insieme in una sera d’estate e tre nuovi amici alla ricerca di un figlio in fuga. Aldo Giovanni e Giacomo ci raccontano una storia di amicizia e sentimenti come nella loro tradizione cinematografica più amata.

Tre personaggi così lontani l’uno dall’altro da dove nascono?

Giacomo: Come sempre ci interessava raccontare delle tipologie umane più che le loro scelte. Comprese quelle politiche, che comunque si scelga oggi non sembrano un granché, a mio parere.

Noi comunque restiamo apolitici. Ci divertiamo di più a tratteggiare caratteri umani. E in questo senso ci è venuto spontaneo interpretare un medio borghese, un proletario sull’orlo del fallimento e un nullafacente e nullavolente…

C’è qualcosa di autobiografico in questi tre ritratti?

Giacomo: Non lo so… Di fatto rappresentano l’amicizia, e le difficoltà che si trovano nelle relazioni tra le persone.

Stavolta forse abbiamo articolato un po’ di più il tema, anche se abbiamo usato un plot già visto. Al centro ci sono sempre delle persone che non si conoscono e sono obbligate a vivere insieme.

E ci è piaciuto farla finire in un certo modo, la loro storia. Mostrare come di fronte a difficoltà apparentemente insuperabili può emergere qualcosa capace di lasciare il segno.

 

Come riuscite a farci ridere con tanta facilità?

Giacomo: Non ci sono formule, se non quella di essere fedeli al nostro intuito e al nostro modo di lavorare.

Questo è un film corale, e credo che piaccia per questo. Non ci mettiamo a ragionare a tavolino su cosa fare per avere successo. Abbiamo solo cercato di fare la cosa che ci stava più a cuore. Poi deciderà il pubblico.

Giovanni: Far ridere è sempre un meccanismo misterioso. Cerchiamo una storia e una atmosfera che ci soddisfino.

E i compagni con cui realizzarla.

 

La chimica tra voi è sempre la stessa del primo incontro? Vi ricordate quando, come e dove fu?

Giovanni: C’è sicuramente una grande affinità comica tra noi. Quando ci siamo incontrati io e Aldo eravamo molto in sintonia, su quel che ci faceva ridere e quel che volevamo fare.

Aldo: Veramente all’inizio lui mi detestava… Io accompagnavo mio cugino, su richiesta di mia madre, e Giovanni gli diceva: “Ma devi portarti sempre dietro quel terrone!?”.

Posso dire che è stato tutto merito mio, fosse stato per lui ci saremmo allontanati! Invece mi piaceva molto, e alla fine siamo diventati come fratelli.

Giacomo: Parlando seriamente, ci vuole tempo perché uno si accorga di qualcosa del genere. Io quando li ho visti all’opera ho subito voluto lavorare con loro.

Erano avanti di decenni! Ma ci è voluto del tempo, anche solo per convincerli.

Giovanni: Tutti e tre volevamo fare quel che abbiamo fatto, non è stato un caso. Ci siamo trovati.

Aldo, Giovanni e Giacomo, uno dei sodalizi artistici più noti e amati della storia dello spettacolo italiano degli ultimi decenni ‐ protagonista di spettacoli teatrali, televisivi e cinematografici dal successo travolgente ‐ si forma come “trio” nel 1991.   Li accomuna una visione vivace e semplice della comicità, fatta di un equilibrato ed efficace connubio tra l’immediatezza della battuta verbale e l’abilità mimica: connubio che si esprime all’interno di una struttura collaudata quale quella dello “sketch” che, seppure con fantasiose e innovative variazioni, resterà comunque centrale nella loro produzione.

Oltre a piccoli ruoli ficcanti, come un carabiniere interpretato da Michele Placido, o Massimo Ranieri nei panni di sé stesso, la vera sorpresa del film sono le tre mogli, sempre all’altezza dei “mariti comici”. Stiamo parlando di Lucia Mascino, Carlotta Natoli e Maria Di Biase, che non si sono sottratte al racconto dell’esperienza in un film al fianco di presenze così forti come quelle del trio comico milanese.

“È stato facilissimo inserirci, lo sono stati molto accoglienti”, ha dichiarato Lucia Mascino. “Devo dire che è stata una sorpresa lavorare con loro, una cosa inaspettata nel mio percorso lavorativo incontrare tre come loro. Mi sono sempre piaciuti per la loro comicità poetica e fisica, e in Odio l’estate c’è stato uno scambio fra il loro modo di recitare e il nostro, in una combinazione felice,

 

Da segnalare la colonna sonora del film di Dario Brunori: “Mi sono approcciato alla stesura della colonna sonora mosso da un grande affetto nei confronti di Aldo Giovanni e Giacomo, che hanno rappresentato (non solo per me) un modello di comicità unica e innovativa. Sono molto legato a loro soprattutto perché mi ricordano i momenti di ilarità con mio padre, la visione dei loro sketch accompagnavano grandi risate in famiglia. Massimo, il regista, mi ha contattato sull’onda del trasporto emotivo legato a “La verità”, un pezzo che lo aveva colpito particolarmente Mi ha subito detto che sarebbe stato un film con molta musica, e quando ho letto la sceneggiatura ho subito immaginato un mondo musicale ispirato al folk americano; un po’ perché associavo la sceneggiatura allo spirito di “Little Miss Sunshine” e un po’ perché mi piaceva che il film avesse una attinenza sonora col disco che stavamo contemporaneamente registrando. Inoltre mi è piaciuto potermi misurare con qualcosa che è non esattamente collegato alla mia composizione, ma “al servizio di” altro, per quanto sia difficile per un carattere megalomane e narcisista come il mio”.




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