Papa – Nella settimana in cui – il 13 dicembre – ricorre il cinquantesimo anniversario della sua ordinazione sacerdotale, il Papa ha occasione di parlare proprio della “bellezza della chiamata al sacerdozio ministeriale”, a colloquio oggi con i membri del Pontificio Seminario regionale Flaminio, Benedetto XV di Bologna, cui afferiscono otto diocesi dell’Emilia -Romagna, in occasione dei cento anni dalla fondazione, ad opera di san Pio X.
A questi rappresentanti del “Buon Pastore in mezzo al suo Popolo” – come li definisce Francesco – in cammino di preparazione al sacerdozio, il Papa parla del loro luogo di crescita, il Seminario, indicandone tre aspetti identficativi: casa di preghiera, di studio e di comunione. Dimensioni, fa capire il Papa nel suo discorso, di carattere “trasversale”, in quanto la preghiera è unione con Dio e in Dio con il prossimo; lo studio è personale ma non individuale; e la comunione è apertura umana ma anche comunione presbiteriale. E dalla dimensione della fraternità il Papa sviluppa la sua riflessione a braccio, sulla “vicinanza” a Dio, al vescovo, ai presbiteri e al popolo, elementi imprescindibili per i sacerdoti diocesani.
Riguardo al primo aspetto, il Papa sottolinea cosa significhi “formazione spirituale” nelle due componenti del rapporto con Dio e dell’incontro con i poveri da coltivare in quella “casa di preghiera” che in primo luogo è il Seminario. Il contesto è quello della ” scristianizzazione” odierna che – afferma il Papa rivolto ai seminaristi – vi chiama ad essere “evangelizzatori” dalla fede robusta:
Quanti sono più esposti al vento freddo dell’incertezza o dell’indifferenza religiosa, hanno bisogno di trovare nella persona del sacerdote quella fede robusta che è come una fiaccola nella notte e come una roccia alla quale attaccarsi. Questa fede si coltiva soprattutto nel rapporto personale, cuore a cuore, con la persona di Gesù Cristo. E il Seminario è prima di tutto la casa della preghiera dove il Signore convoca ancora i «suoi» in «un luogo appartato», a vivere un’esperienza forte di incontro e di ascolto.
L’incontro con Gesù nella carne dei poveri
Serve dunque dedicare un “adeguato impegno alla formazione spirituale” visto che – prosegue il Papa – si tratta degli “anni più favorevoli” per imparare a “stare con Lui”, “imparare ad ascoltarlo e a contemplare il suo volto”:
Qui l’esperienza del silenzio e della preghiera è fondamentale: è lì, nel rimanere alla sua presenza, che il discepolo può conoscere il Maestro, come da Lui è conosciuto – direbbe San Paolo. Ma è essenziale anche l’incontro con Gesù nel volto e nella carne dei poveri. Anche questo è parte integrante della formazione spirituale del seminarista.
Studiare insieme ma senza autoreferenzialità
Il secondo aspetto che identifica il Seminario è quello dello “studio”. Anche esplorando tale dimensione il Papa dà indicazioni precise di cosa significhi e come si arrivi a costruire “fondamenta solide nell’edificio della formazione”. In particolare Francesco rimarca che per educare ad una “fede viva e consapevole” come deve essere quella del pastore, lo studio è non solo uno strumento privilegiato per la “conoscenza sapienziale e scientifica”, ma anche uno “strumento di un sapere condiviso”:
L’impegno di studiare, anche in Seminario, è chiaramente personale, ma non è individuale. Condividere le lezioni e lo studio con i compagni di Seminario è anch’esso un modo di entrare a far parte di un presbiterio. Infatti, senza trascurare le inclinazioni e i talenti personali, anzi, valorizzandoli, in Seminario si studia insieme per una missione comune, e questo dà un “sapore” tutto speciale all’apprendimento della Sacra Scrittura, della teologia, della storia, del diritto e di ogni disciplina.
Diverse sensibilità dunque, ma un’unica chiamata, un unico orizzonte ecclesiale che sia privo di autoreferenzialità, è questo – afferma Francesco – che rende bello studiare nel seminario.
Carità credibile solo se unita alla fraternità
Terza dimensione del Seminario, è quella di “casa di comunione” ed ha anch’essa un carattere “trasversale”, perchè” parte da un’apertura agli altri” ma assume forma di “comunione presbiteriale intorno alla guida del vescovo”:
La carità pastorale del prete non può essere credibile se non è preceduta e accompagnata dalla fraternità, prima tra seminaristi e poi tra presbiteri. Una fraternità sempre più impregnata della forma apostolica, e arricchita dai tratti propri della diocesanità, cioè da quelle caratteristiche peculiari del popolo di Dio e dei santi, specialmente dei santi preti, di una Chiesa particolare.
I quattro volti della “Vicinità”
Proprio soffermandosi sul concetto di fraternità il Papa, parlando a braccio, rimarca a questo punto quanto e come valga per i sacerdoti diocesani quella che lui stesso definisce come “vicinanza”: un atteggiamento che in parte ha già illustrato ma che tiene a ribadire vicini a Dio, vicini al vescovo “senza il quale – afferma – la Chiesa non va e il prete può essere un leader ma non un prete”, e vicini tra presbiteri. E qui aggiunge:
Questa è una cosa che a me fa soffrire, quando vedo dei presbitéri frammentati, dove sono l’uno contro l’altro, oppure tutti cortesi ma poi sparlano l’uno dell’altro. Se non c’è un presbiterio unito… Questo non significa che non si può discutere, no, si discute, si scambiano le idee, ma la carità è quella che unisce. E la quarta vicinanza: la vicinanza al popolo di Dio.
Non dimenticate da dove venite, è la raccomandazione del Papa, e che siete stati “scelti dal Signore” “non per fare carriera ecclesistica”:
Se manca una di queste, il prete non funziona e scivolerà, lentamente, nella perversione del clericalismo o in atteggiamenti di rigidità. Dove c’è clericalismo c’è corruzione, e dove c’è rigidità, sotto la rigidità, ci sono gravi problemi.
Con l’auspicio che i seminaristi diventino quindi “annunciatori gioiosi del Vangelo”, il Papa si è congedato affidandoli alle braccia della Vergine Maria, affinchè con il suo aiuto sappiano scoprire ogni giorno di più il “tesoro”, la “perla preziosa” che è Cristo, ha concluso il Pontefice.