Papa Francesco – Angelus: scaltri ma mai disonesti

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Papa ed Angelus – Una domenica di pioggia ha salutato l’appuntamento in Piazza San Pietro di Papa Francesco con l’Agelus. Rivolto alla folla raccolta ha ricordato come si possa essere scaltri, non disonesti; saper “invertire la rotta” scegliendo il bene e non il male. A questo ci esorta Gesù nella parabola che il Vangelo di Luca narra in questa domenica. Papa Francesco commentandola – prima dell’Angelus – aiuta quanti lo ascoltano.

Al centro c’è la figura di un amministratore “furbo e disonesto” che, accusato di aver dilapidato i beni del padrone, sta per essere licenziato. E allora, fa notare il Papa, dinanzi a una situazione divenuta difficile, non si lascia scoraggiare ma “escogita una via d’uscita”. Prima, “con lucidità” riconosce i suoi limiti che gli impediscono di svolgere altre attività, poi  “con astuzia” decide di “derubare il padrone per l’ultima volta”. E allora “chiama i debitori e riduce i debiti che hanno nei confronti del padrone”, riuscendo così a farseli amici e quindi ad esserne ricompensato. Questo è  “ottenere gratitudine con la corruzione, come purtroppo è consuetudine oggi”.

 

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

La parabola contenuta nel Vangelo di questa domenica (cfr Lc 16,1-13) ha come protagonista un amministratore furbo e disonesto che, accusato di aver dilapidato i beni del padrone, sta per essere licenziato. In questa situazione difficile, egli non recrimina, non cerca giustificazioni né si lascia scoraggiare, ma escogita una via d’uscita per assicurarsi un futuro tranquillo. Reagisce dapprima con lucidità, riconoscendo i propri limiti: «Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno» (v. 3); poi agisce con astuzia, derubando per l’ultima volta il suo padrone. Infatti, chiama i debitori e riduce i debiti che hanno nei confronti del padrone, per farseli amici ed essere poi da loro ricompensato. Questo è farsi amici con la corruzione e ottenere gratitudine con la corruzione, come purtroppo è consuetudine oggi.

Gesù presenta questo esempio non certo per esortare alla disonestà, ma alla scaltrezza. Infatti sottolinea: «Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza» (v. 8), cioè con quel misto di intelligenza e furbizia, che ti permette di superare situazioni difficili. La chiave di lettura di questo racconto sta nell’invito di Gesù alla fine della parabola: «Fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne» (v. 9). Sembra un po’ confuso, questo, ma non lo è: la “ricchezza disonesta” è il denaro – detto anche “sterco del diavolo” – e in generale i beni materiali.

La ricchezza può spingere a erigere muri, creare divisioni e discriminazioni. Gesù, al contrario, invita i suoi discepoli ad invertire la rotta: “Fatevi degli amici con la ricchezza”. È un invito a saper trasformare beni e ricchezze in relazioni, perché le persone valgono più delle cose e contano più delle ricchezze possedute. Nella vita, infatti, porta frutto non chi ha tante ricchezze, ma chi crea e mantiene vivi tanti legami, tante relazioni, tante amicizie attraverso le diverse “ricchezze”, cioè i diversi doni di cui Dio l’ha dotato. Ma Gesù indica anche la finalità ultima della sua esortazione: “Fatevi degli amici con la ricchezza, perché essi vi accolgano nelle dimore eterne”. Ad accoglierci in Paradiso, se saremo capaci di trasformare le ricchezze in strumenti di fraternità e di solidarietà, non ci sarà soltanto Dio, ma anche coloro con i quali abbiamo condiviso, amministrandolo bene, quanto il Signore ha messo nelle nostre mani.

Fratelli e sorelle, questa pagina evangelica fa risuonare in noi l’interrogativo dell’amministratore disonesto, cacciato dal padrone: «Che cosa farò, ora?» (v. 3). Di fronte alle nostre mancanze, ai nostri fallimenti, Gesù ci assicura che siamo sempre in tempo per sanare con il bene il male compiuto. Chi ha causato lacrime, renda felice qualcuno; chi ha sottratto indebitamente, doni a chi è nel bisogno. Facendo così, saremo lodati dal Signore “perché abbiamo agito con scaltrezza”, cioè con la saggezza di chi si riconosce figlio di Dio e mette in gioco sé stesso per il Regno dei cieli.

La Vergine Santa ci aiuti ad essere scaltri nell’assicurarci non il successo mondano, ma la vita eterna, affinché al momento del giudizio finale le persone bisognose che abbiamo aiutato possano testimoniare che in loro abbiamo visto e servito il Signore.




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