Vaticano – Papa Francesco – Angelus – La donna adultera

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Papa – All’Angelus il Papa riflette sull’episodio evangelico della donna adultera in cui si contrappongono due atteggiamenti: quello di scribi e farisei e quello di Gesù che impersona la misericordia di Dio e apre ad una vita nuova.

Chiamati non a condannare e giudicare gli altri ma a riconoscerci peccatori, chiedere perdono a Dio che vuole donarci la possibilità di una vita nuova. Questa è l’esortazione che il Papa rivolge ai cristiani all’Angelus della quinta Domenica di Quaresima. La riflessione del Papa si concentra sula misericordia di Dio, partendo dal Vangelo odierno, quello della donna sorpresa in adulterio, nel quale si contrappongono due atteggiamenti. Scribi e farisei vorrebbero condannarla mentre Gesù vuole salvarla: non è venuto per condannare e giudicare ma per offrire una vita nuova.

“Cari fratelli e sorelle, buongiorno!” ha esordito Papa Francesco in una tiepida domenica romana nella quale la capitale è stata ‘svegliata’ da centinaia di atleti intenti a partecipare alla Maratona.

“In questa quinta domenica di Quaresima, la liturgia ci presenta l’episodio della donna adultera (cfr Gv 8,1-11). In esso si contrappongono due atteggiamenti: quello degli scribi e dei farisei da una parte, e quello di Gesù dall’altra. I primi vogliono condannare la donna, perché si sentono i tutori della Legge e della sua fedele applicazione. Gesù invece vuole salvarla, perché Lui impersona la misericordia di Dio che perdonando redime e riconciliando rinnova.

Vediamo dunque l’avvenimento. Mentre Gesù sta insegnando nel tempio, gli scribi e i farisei gli portano una donna sorpresa in adulterio; la pongono nel mezzo e chiedono a Gesù se si deve lapidarla, così come prescrive la Legge di Mosè. L’Evangelista precisa che essi posero il quesito «per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo» (v. 6). Si può supporre che il loro proposito fosse questo – vedete la malvagità di questa gente: il “no” alla lapidazione sarebbe stato un motivo per accusare Gesù di disobbedienza alla Legge; il “sì”, invece, per denunciarlo all’autorità romana, che aveva riservato a sé le sentenze e non ammetteva il linciaggio popolare. E Gesù deve rispondere.

Gli interlocutori di Gesù sono chiusi nelle strettoie del legalismo e vogliono rinchiudere il Figlio di Dio nella loro prospettiva di giudizio e condanna. Ma Egli non è venuto nel mondo per giudicare e condannare, bensì per salvare e offrire alle persone una vita nuova. E come reagisce Gesù davanti a questa prova? Prima di tutto rimane per un po’ in silenzio, e si china a scrivere col dito per terra, quasi a ricordare che l’unico Legislatore e Giudice è Dio che aveva scritto la Legge sulla pietra. E Poi dice: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei» (v. 7). In questo modo Gesù fa appello alla coscienza di quegli uomini: loro si sentivano “paladini della giustizia”, ma Lui li richiama alla consapevolezza della loro condizione di uomini peccatori, per la quale non possono arrogarsi il diritto di vita o di morte su un loro simile. A quel punto, uno dopo l’altro, cominciando dai più anziani – cioè quelli più esperti delle proprie miserie – se ne andarono tutti, rinunciando a lapidare la donna.Questa scena invita anche ciascuno di noi a prendere coscienza che siamo peccatori, e a lasciar cadere dalle nostre mani le pietre della denigrazione e della condanna, del chiacchiericcio, che a volte vorremmo scagliare contro gli altri. Quando noi sparliamo degli altri, buttiamo delle pietre, siamo come questi.

Alla fine rimangono solo Gesù e la donna, là in mezzo: «la misera e la misericordia», dice Sant’Agostino (In Joh 33,5). Gesù è l’unico senza colpa, l’unico che potrebbe scagliare la pietra contro di lei, ma non lo fa, perché Dio “non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva” (cfr Ez 33,11). E Gesù congeda la donna con queste parole stupende: «Va’ e d’ora in poi non peccare più» (v. 11). E così Gesù apre davanti a lei una strada nuova, creata dalla misericordia, una strada che richiede il suo impegno di non peccare più. È un invito che vale per ognuno di noi: Gesù quando ci perdona ci apre sempre una strada nuova per andare avanti. In questo tempo di Quaresima siamo chiamati a riconoscerci peccatori e a chiedere perdono a Dio. E il perdono, a sua volta, mentre ci riconcilia e ci dona la pace, ci fa ricominciare una storia rinnovata. Ogni vera conversione è protesa a un futuro nuovo, ad una vita nuova, una vita bella, una vita libera dal peccato, una vita generosa. Non abbiamo paura a chiedere perdono a Gesù perché Lui ci apre la porta a questa vita nuova. La Vergine Maria ci aiuti a testimoniare a tutti l’amore misericordioso di Dio che, in Gesù, ci perdona e rende nuova la nostra esistenza, offrendoci sempre nuove possibilità”.

Una domenica liturgica in cui Gesù non ci dice che l’errore o il male vadano accettati, ma di non giudicare gli altri e di non commettere sempre gli stessi errori.

Gesù infatti dapprima rimane in silenzio e si china a scrivere col dito per terra, “quasi a ricordare che l’unico Legislatore e Giudice è Dio che aveva scritto la legge sulla pietra”, e poi dice che chi è senza peccato, scagli la prima pietra, cioè fa appello alla coscienza di quegli uomini che si sentivano “paladini della giustizia”, richiamandoli invece alla loro condizione di peccatori ed allora quelli, uno dopo l’altro, se ne vanno: questa scena invita anche ciascuno di noi a prendere coscienza che siamo peccatori, e a lasciar cadere dalle nostre mani le pietre della denigrazione e della condanna, del chiacchiericcio, che a volte vorremmo scagliare contro gli altri. Quando noi sparliamo degli altri, buttiamo delle pietre, siamo come questi.

Gesù non viola la legge, ma non vuole che vada smarrito ciò che Egli stava cercando, perché era venuto a salvare ciò che era perduto. La sua sentenza è giusta e inappellabile: “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei” (v. 7). «Guarda che risposta piena di giustizia, di mansuetudine e di verità – commenta ammirato sant’Agostino –. O vera risposta della Sapienza! Lo avete sentito: “Si adempia le Legge, l’adultera sia lapidata”. Ma, possono mai dei peccatori adempiere la Legge e castigare quella donna? Ognuno guardi se stesso, nel suo intimo, e si metta alla presenza del tribunale del suo cuore e della sua coscienza, e si vedrà obbligato a confessarsi peccatore”. Il Papa emerito Benedetto XVI spiegò che le parole di Gesù «sono piene della forza disarmante della verità, che abbatte il muro dell’ipocrisia e apre le coscienze a una giustizia più grande, quella dell’amore, in cui consiste il pieno compimento di ogni precetto (cfr Rm 13, 8-10)”.

Sorprende la reazione del Maestro, che è la Giustizia in persona. In nessun momento escono dalla sua bocca parole di condanna, ma di perdono e di misericordia, con una delicatezza che invita amabilmente a convertirsi: “Neanche io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più”. Dio non ama il peccato e ne soffre, ma ha pazienza ed è compassionevole.

Gesù non vuole mai il male. Desidera soltanto il bene e la vita. Perciò, con la sua grande misericordia, istituì il sacramento della Riconciliazione perché nessuno si perda, ma al contrario, perché tutti possiamo trovare il perdono di cui abbiamo bisogno, per quanto grandi possano essere state le nostre mancanze. “Non dimentichiamo questa parola – ci dice Papa Francesco –: Dio mai si stanca di perdonarci, mai! […] Il problema è che noi […] ci stanchiamo di chiedere perdono. Non ci stanchiamo mai, non ci stanchiamo mai! Lui è il Padre amoroso che sempre perdona, che ha quel cuore di misericordia per tutti noi. E anche noi impariamo ad essere misericordiosi con tutti. Invochiamo l’intercessione della Madonna, che ha avuto tra le sue braccia la Misericordia di Dio fatta uomo”.

Sant’Agostino d’Ippoona su questa pagina del Vangelo così scriveva………  

…… Abbiamo modo di ammirare, o fratelli, la straordinaria mansuetudine del Signore. Anche i suoi avversari fecero esperienza della sua grande mitezza, della sua mirabile mansuetudine, secondo quanto di lui era stato predetto: Cingiti la spada al fianco, potentissimo; e maestoso t’avanza, cavalca, per la causa della verità e della mansuetudine e della giustizia (Sal 44, 4-5). Egli ci ha apportato la verità come dottore, la mansuetudine come liberatore, la giustizia come giudice. Per questo il profeta aveva predetto che il suo regno sarebbe stato totalmente sotto l’influsso dello Spirito Santo. Quando parlava, trionfava la verità; quando non reagiva agli attacchi dei nemici, risaltava la mansuetudine. E siccome i suoi nemici, per invidia e per rabbia, non riuscivano a perdonargli né la verità né la mansuetudine, inscenarono uno scandalo per la terza cosa, cioè per la giustizia. Che cosa fecero? Siccome la legge ordinava che gli adulteri fossero lapidati, e ovviamente la legge non poteva ordinare una cosa ingiusta, chiunque sostenesse una cosa diversa da ciò che la legge ordinava, si doveva considerare ingiusto. Si dissero dunque: Egli si è considerato amico della verità e passa per mansueto; dobbiamo imbastirgli uno scandalo sulla giustizia; presentiamogli una donna sorpresa in adulterio, ricordiamogli cosa stabilisce in simili casi la legge. Se egli ordinerà che venga lapidata, non darà prova di mansuetudine; se deciderà che venga rilasciata, non salverà la giustizia. Ma per non smentire la fama di mansuetudine che si è creata in mezzo al popolo, certamente – essi pensavano – dirà che dobbiamo lasciarla andare. Così noi avremo di che accusarlo, e, dichiarandolo colpevole di aver violato la legge, potremo dirgli: sei nemico della legge, devi rispondere di fronte a Mosè, anzi, di fronte a colui che per mezzo di Mosè ci ha dato la legge; sei reo di morte e devi essere lapidato anche tu assieme a quella. Con tali parole e proposito, s’infiammava l’invidia, ardeva il desiderio di accusarlo, si eccitava la voglia di condannarlo. Ma tutto questo contro chi? Era la perversità che tramava contro la rettitudine, la falsità contro la verità, il cuore corrotto contro il cuore retto, la stoltezza contro la sapienza. Ma come gli avrebbero potuto preparare dei lacci in cui non sarebbero essi stessi caduti per primi? Il Signore, infatti, risponde in modo tale da salvare la giustizia senza smentire la mansuetudine. Non cade nella trappola che gli è stata tesa, ci cadono invece quegli stessi che l’hanno tesa: gli è che non credevano in colui che li avrebbe potuti liberare da ogni laccio.

[La miseria e la misericordia.]

5. Cosa rispose dunque il Signore Gesù? Cosa rispose la verità? Cosa rispose la sapienza? Cosa rispose la stessa giustizia contro la quale era diretta la calunnia? Non disse: Non sia lapidata! Si sarebbe messo contro la legge. Ma si guarda bene anche dal dire: Sia lapidata! Egli era venuto, non a perdere ciò che aveva trovato, ma a cercare ciò che era perduto (cf. Lc 19, 10). Cosa rispose dunque? Guardate che risposta piena di giustizia, e insieme piena di mansuetudine e di verità! Chi di voi è senza peccato – dice –scagli per primo una pietra contro di lei (Gv 8, 7). O risposta della Sapienza! Come li costrinse a rientrare subito in se stessi! Essi stavano fuori intenti a calunniare gli altri, invece di scrutare profondamente se stessi. Si interessavano dell’adultera, e intanto perdevano di vista se stessi. Prevaricatori della legge, esigevano l’osservanza della legge ricorrendo alla calunnia, non sinceramente, come fa chi condanna l’adulterio con l’esempio della castità. Avete sentito, o Giudei, avete sentito, farisei e voi, dottori della legge, avete sentito tutti la risposta del custode della legge, ma non avete ancora capito che egli è il legislatore. Che altro vuol farvi capire, scrivendo in terra col dito? La legge, infatti, fu scritta col dito di Dio, e fu scritta sulla pietra per significare la durezza dei loro cuori (cf. Es 31, 18). Ed ora il Signore scriveva in terra, perché cercava il frutto. Avete dunque sentito il verdetto? Ebbene, si applichi la legge, si lapidi l’adultera! E’ giusto, però, che la legge della lapidazione venga eseguita da chi dev’essere a sua volta colpito? Ciascuno di voi esamini se stesso, rientri in se stesso, si presenti al tribunale della sua anima, si costituisca davanti alla propria coscienza, costringa se stesso alla confessione. Egli sa chi è, poiché nessun uomo conosce le cose proprie dell’uomo, fuorché lo spirito dell’uomo che è in lui (cf 1 Cor 2, 11). Ciascuno, rivolgendo in sé lo sguardo, si scopre peccatore. Proprio così. Quindi, o voi lasciate andare questa donna, o insieme con lei subite la pena della legge. Se dicesse: Non lapidate l’adultera! verrebbe accusato come ingiusto; se dicesse: Lapidatela! non si mostrerebbe mansueto. Ascoltiamo la sentenza di colui che è mansueto ed è giusto: Chi di voi è senza peccato, scagli per primo una pietra contro di lei. Questa è la voce della giustizia: Si punisca la peccatrice, ma non ad opera dei peccatori; si adempia la legge, ma non ad opera dei prevaricatori della legge. Decisamente, questa è la voce della giustizia. E quelli, colpiti da essa come da una freccia poderosa, guardandosi e trovandosi colpevoli, uno dopo l’altro, tutti si ritirarono (Gv 8, 9). Rimasero soltanto loro due: la misera e la misericordia. E il Signore, dopo averli colpiti con la freccia della giustizia, non si fermò a vederli cadere, ma, distolto lo sguardo da essi, si rimise a scrivere in terra col dito (Gv 8, 8).

6. Quella donna era dunque rimasta sola, poiché tutti se ne erano andati. Gesù levò gli occhi verso di lei. Abbiamo sentito la voce della giustizia, sentiamo ora la voce della mansuetudine. Credo che più degli altri fosse rimasta colpita e atterrita da quelle parole che aveva sentito dal Signore: Chi di voi è senza peccato, scagli per primo una pietra contro di lei. Quelli, badando ai fatti loro e con la loro stessa partenza confessandosi rei, avevano abbandonato la donna col suo grande peccato a colui che era senza peccato. E poiché essa aveva sentito quelle parole: Chi di voi è senza peccato, scagli per primo una pietra contro di lei, si aspettava di essere colpita da colui nel quale non si poteva trovar peccato. Ma egli, che aveva respinto gli avversari di lei con la voce della giustizia, alzando verso di lei gli occhi della mansuetudine, le chiese: Nessuno ti ha condannato? Ella rispose: Nessuno, Signore. Ed egli: Neppure io ti condanno, neppure io, dal quale forse hai temuto di esser condannata, non avendo trovato in me alcun peccato. Neppure io ti condanno. Come, Signore? Tu favorisci dunque il peccato? Assolutamente no. Ascoltate ciò che segue: Va’ e d’ora innanzi non peccare più (Gv 8, 10-11). Il Signore, quindi, condanna il peccato, ma non l’uomo. Poiché se egli fosse fautore del peccato, direbbe: neppure io ti condanno; va’, vivi come ti pare, sulla mia assoluzione potrai sempre contare; qualunque sia il tuo peccato, io ti libererò da ogni pena della geenna e dalle torture dell’inferno. Ma non disse così.

7. Ne tengano conto coloro che amano nel Signore la mansuetudine, e temano la verità. Infatti dolce e retto è il Signore (Sal 24, 8). Se lo ami perché è dolce, devi temerlo perché è retto. In quanto è mansueto dice: Ho taciuto; ma in quanto è giusto aggiunge: Forse che sempre tacerò? (Is 42, 14 sec. LXX). Il Signore è misericordioso e benigno.Certamente. Aggiungi: longanime, e ancora: molto misericordioso, ma tieni conto anche di ciò che è detto alla fine del testo scritturale, cioè verace (Sal 85, 15). Allora infatti giudicherà quanti l’avranno disprezzato, egli che adesso sopporta i peccatori. Forse che disprezzi le ricchezze della sua bontà, della sua pazienza, della sua longanimità, non comprendendo che questa bontà di Dio ti spinge solo al pentimento? Con la tua ostinatezza e con il tuo cuore impenitente accumuli sul tuo capo l’ira per il giorno dell’ira, quando si manifesterà il giusto giudizio di Dio, il quale renderà a ciascuno secondo le sue opere (Rm 2, 4-6). Il Signore è mansueto, il Signore è longanime, è misericordioso; ma è anche giusto, è anche verace. Ti dà il tempo di correggerti; ma tu fai assegnamento su questa dilazione, senza impegnarti a correggerti. Ieri sei stato cattivo? oggi sii buono. Anche oggi sei caduto nel male? almeno domani cambia. Tu invece rimandi sempre e ti riprometti moltissimo dalla misericordia di Dio, come se colui che ti ha promesso il perdono in cambio del pentimento, ti avesse anche promesso una vita molto lunga. Che ne sai cosa ti porterà il domani? Giustamente dici in cuor tuo: quando mi correggerò, Dio mi perdonerà tutti i peccati. Non possiamo certo negare che Dio ha promesso il perdono a chi si corregge e si converte; è vero, puoi citarmi una profezia secondo cui Dio ha promesso il perdono a chi si corregge; non puoi, però, citarmi una profezia secondo cui Dio ti ha promesso una vita lunga.

[Tra la speranza e la disperazione.]

8. Gli uomini corrono due pericoli contrari, ai quali corrispondono due opposti sentimenti: quello della speranza e quello della disperazione. Chi è che s’inganna sperando? chi dice: Dio è buono e misericordioso, perciò posso fare ciò che mi pare e piace, posso lasciare le briglie sciolte alle mie cupidigie, posso soddisfare tutti i miei desideri; e questo perché? perché Dio è misericordioso, buono e mansueto. Costoro sono in pericolo per abuso di speranza. Per disperazione, invece, sono in pericolo quelli che essendo caduti in gravi peccati, pensano che non potranno più essere perdonati anche se pentiti, e, considerandosi ormai destinati alla dannazione, dicono tra sé: ormai siamo dannati, perché non facciamo quel che ci pare? E’ la psicologia dei gladiatori destinati alla morte. Ecco perché i disperati sono pericolosi: non hanno più niente da perdere, e perciò debbono essere vigilati. La disperazione li uccide, così come la presunzione uccide gli altri. L’animo fluttua tra la presunzione e la disperazione. Devi temere di essere ucciso dalla presunzione: devi temere, cioè, che contando unicamente sulla misericordia di Dio, tu non abbia ad incorrere nella condanna; altrettanto devi temere che non ti uccida la disperazione; che temendo, cioè, di non poter ottenere il perdono delle gravi colpe commesse, non ti penti e così incorri nel giudizio della Sapienza che dice: anch’io, a mia volta, godrò della vostra sventura (Prv 1, 26). Come si comporta il Signore con quelli che sono minacciati dall’uno o dall’altro male? A quanti rischiano di cadere nella falsa speranza dice: Non tardare a convertirti al Signore, né differire di giorno in giorno; perché d’un tratto scoppia la collera di lui, e nel giorno del castigo tu sei spacciato (Sir 5, 8-9). A quanti sono tentati di cadere nella disperazione cosa dice? In qualunque momento l’iniquo si convertirà, dimenticherò tutte le sue iniquità (cf. Ez 18, 21-22 27). A coloro dunque che sono in pericolo per disperazione, egli offre il porto del perdono; per coloro che sono insidiati dalla falsa speranza e si illudono con i rinvii, rende incerto il giorno della morte. Tu non sai quale sarà l’ultimo giorno; sei un ingrato; perché non utilizzi il giorno che oggi Dio ti dà per convertirti? E’ in questo senso che il Signore dice alla donna:Neppure io ti condanno: non preoccuparti del passato, pensa al futuro. Neppure io ti condanno: ho distrutto ciò che hai fatto, osserva quanto ti ho comandato, così da ottenere quanto ti ho promesso.




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