Vaticano – Papa Francesco ed il lunedi di Quaresima post Ariccia

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Papa – E’ stata una mattinata ricca di impegni quella odierna di Papa Francesco.

Santa Marta, camilliani e Corte dei Conti hanno caratterizzato il lunedi del Pontefice.

Durante la Messa mattutina a Santa Marta, Papa Francesco ricorda a tutti che “per non sbagliare” nella vita, bisogna “imitare Dio”. Non giudicare gli altri, non condannare e perdonare: in questo modo si imita la misericordia del Padre. Soprattutto in tempo di Quaresima.

Dare giudizi e condannare, quasi fossimo «tutti giudici mancati», dimenticandoci sempre del perdono, è un’abitudine a cui ormai non si fa più neppure caso. Ma la Quaresima potrebbe essere l’occasione per vivere un nuovo metodo nelle relazioni con gli altri, privilegiando la misericordia e la generosità a tutto campo.

«Quando Abramo chiede un consiglio a Dio su come andare nella vita per non sbagliare, il Signore gli dice: “Cammina alla mia presenza e sii irreprensibile”» ha ricordato il Pontefice all’inizio dell’omelia. Dunque, «si deve andare nella vita alla presenza di Dio e questo è un consiglio che ci aiuta tanto: camminare davanti agli occhi del Padre, imitare il Padre, imitare Dio».

Riferendosi al passo evangelico di Luca proposto dalla liturgia (6, 36-38), Francesco ha fatto notare che «c’è un comandamento, diciamo così, di Gesù, un consiglio, ma un consiglio che è tanto difficile da compiere: “Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso”». Perché «Dio è tutta misericordia, tutta misericordia». Ma «qualcuno potrebbe dire: “Padre, è giusto?”— “Sì, ma la sua giustizia è una sola cosa con la sua misericordia”». Perciò, ha insistito il Papa, «tu potrai fare delle cose più brutte nella vita, ma se ti avvicini a Dio e lo guardi, Lui con la sua misericordia ti perdona, ti riceve».

«La misericordia di Dio è una cosa tanto grande, tanto grande. Non dimentichiamo questo». In realtà, «quanta gente dice: “io ho fatto delle cose tanto brutte; io ho comprato il mio posto nell’inferno, non potrò tornare indietro”». Queste persone devono pensare «alla misericordia di Dio». E Francesco ha invitato a ricordare «quella storia della povera signora vedova che è andata a confessarsi dal curato d’Ars. Il marito si era suicidato, si era buttato dal ponte giù nel fiume. E piangeva. Disse: “Io sono una peccatrice, una poveretta. Ma povero mio marito! È all’inferno! Si è suicidato e il suicidio è un peccato mortale. È all’inferno”. E il curato d’Ars disse: “Si fermi signora, perché c’è la misericordia di Dio”». Infatti, ha rilanciato il Papa, «fino alla fine c’è la misericordia di Dio. È tanto grande! E Gesù disse: “Siate misericordiosi, come Lui”. Sempre con questo atteggiamento».

Il passo del Vangelo di Luca, ha affermato il Pontefice, «poi ci dice tre cose per capire bene come essere misericordiosi o per metterci sulla strada per essere misericordiosi». E così «prima di tutto ci dice: “Non giudicate e non sarete giudicati”. A noi questo non sembra una cosa brutta — giudicare gli altri — ma è una brutta abitudine. È un’abitudine che si immischia nella nostra vita senza che noi ce ne accorgiamo. Sempre! Anche per iniziare un colloquio: “Hai visto quello che cosa ha fatto?”». Ecco «il giudizio sull’altro».

Papa Francesco ha invitato a pensare «quante volte al giorno noi giudichiamo. Sembriamo tutti giudici mancati! Tutti! Sempre, per iniziare un colloquio, un commento su un altro: “Ma guarda, si è fatta la chirurgia estetica! È più brutta di prima”. Io so che da voi non si fanno queste cose; altri lo fanno, sempre il giudizio e subito». Ad esempio: «Hanno comprato una casa nuova. Hanno speso tanti soldi. Sarebbe meglio che li spendessero in altre cose». E così avanti, ha proseguito il Papa, «sempre, sempre, sempre giudicando gli altri: pensiamo alle volte in cui noi giudichiamo senza accorgercene. È come un’abitudine: viene da sola, anche incoscientemente».

«In questa Quaresima stiamo attenti a questo» ha proposto il Pontefice. «Se io — ha spiegato — voglio essere misericordioso come il Padre, come Gesù mi dice, devo pensare: quante volte al giorno giudico? E non sarete giudicati. Quello che io faccio agli altri, gli altri lo faranno con me! E alla fine il Signore lo farà con me». Sicuramente, ha rilanciato, «un bell’esercizio per la Quaresima è non giudicare, ma prima di tutto accorgerci di questo “metodo” colloquiale, che noi abbiamo nei colloqui quotidiani, di giudicare sempre qualcuno».

La seconda espressione che si trova nel brano di Luca è: «Non condannate e non sarete condannati». Del resto, ha osservato Francesco, «tante volte andiamo oltre il giudizio: “Questo è un tale che non merita che io lo saluti”. E condanno, condanno e condanno. Anche noi condanniamo tanto. E viene da sola questa abitudine a condannare sempre. È una cosa brutta».

Di fronte a questo modo di fare, si è chiesto il Papa, «Gesù che cosa ci dice? Se tu hai questa abitudine a condannare pensa che tu sarai condannato, perché tu con questa abitudine fai vedere al Signore come Lui deve comportarsi con te».

C’è poi una terza espressione che ci propone il Vangelo: «Perdonate e sarete perdonati». Anche se, ha riconosciuto il Pontefice, «è tanto difficile perdonare. Tanto difficile. Ma anche è un comandamento che ci ferma davanti all’altare, ci ferma davanti alla comunione». Perché «Gesù ci dice: “Se tu hai qualcosa con il tuo fratello, prima di andare all’altare, riconciliati con il tuo fratello”. Perdonare». «Anche nel Padre Nostro — ha affermato il Papa — Gesù ci ha insegnato che questa è una condizione per avere il perdono di Dio. “Perdonaci come noi perdoniamo”. Noi stiamo dando la misura a Dio di come deve fare con noi». «Non giudicate, non condannate, perdonate e così sarete misericordiosi come il Padre: questo è il consiglio di oggi del Vangelo» ha ripetuto Francesco. Ma «non è facile, perché nelle chiacchiere quotidiane noi giudichiamo continuamente, condanniamo continuamente e difficilmente perdoniamo: “Padre, come si fa per avere questo atteggiamento così generoso di non giudicare, di non condannare e di perdonare? Come si fa?”». Questo il suggerimento del Papa: «Il Signore ci insegna: “Date”. “Date e vi sarà dato”: siate generosi nel dare. Non siate “tasche chiuse”; siate generosi nel dare ai poveri, a coloro che hanno bisogno, e anche nel dare tante cose: dare dei consigli, dare sorrisi alla gente, sorridere. Sempre dare, dare». «Date e vi sarà dato», dunque, è l’atteggiamento che il Pontefice ha proposto. E sicuramente «“vi sarà dato in una misura buona, pigiata, colma e traboccante”, perché il Signore sarà generoso: noi diamo uno e Lui ci darà cento di tutto quello che noi diamo. Questo è l’atteggiamento che blinda il non giudicare, il non condannare e il perdonare». Ecco, allora, «l’importanza dell’elemosina, ma non solo l’elemosina materiale, anche l’elemosina spirituale: perdere il tempo con un altro che ha bisogno, visitare un ammalato, sorridere. Tante cose. Questa è l’elemosina spirituale». «Andiamo avanti in questa Quaresima almeno riuscendo a non condannare gli altri nelle nostre conversazioni, a non giudicare e a perdonare, e perché il Signore ci dia questa grazia, perché è una grazia che il Signore ci darà se noi la chiediamo e facciamo lo sforzo di andare avanti ed essere generosi con gli altri». E così «essere generosi nell’elemosina, essere generosi con il tempo, essere generosi con l’atteggiamento, essere generosi sempre con gli altri: prima gli altri, dopo io». In conclusione il Papa ha auspicato proprio «che il Signore ci insegni questa saggezza che non è facile, ma con la sua grazia noi potremo portarla avanti».

A seguire incontrando i camilliani ….” Pensare a San Camillo De Lellis significa richiamare alla mente il Buon Samaritano, ricordare la sua instancabile opera al fianco dei malati ai quali si dedicò con amore e cura dopo una vita dissoluta e viziata dal gioco ma poi illuminata dall’amore di Dio. Papa Francesco ricorda la sua figura nell’udienza in Sala Clementina alla Famiglia Camilliana, impegnata “in una donazione amorevole e generosa – afferma il Pontefice – verso i malati, svolgendo una missione preziosa, nella Chiesa e nella società, accanto ai sofferenti”.

Il Papa  spiega il carisma dei camilliani, dono da far risplendere sempre di luce nuova, esortandoli a guardare al futuro pensando a nuove forme di apostolato, testimoniando l’amore misericordioso di Cristo verso i malati.

Altro appuntamento giornaliero con i magistrati della Corte dei Conti….

Papa Francesco sottolinea che la corruzione è una piaga che impoverisce tutti ed esorta gli amministratori pubblici ad operare con trasparenza e onestà. Dunque cultura della legalità e lotta alla corruzione, controllo delle spese e attenzione ai poveri: il Papa si è soffermato su questi temi incontrando i giudici e il personale amministrativo della Corte dei Conti. Il Pontefice indica gli scopi di un servizio “orientato secondo giustizia verso il bene comune” e nella difesa “dei diritti naturali dell’uomo, il cui riconoscimento è una condizione per l’esistenza dello Stato di diritto”. Gesù Cristo ci sprona ad affrontare il male apertamente e ad andare alla radice dei problemi. Ci insegna a pagare di persona in questa lotta, non per la ricerca di un eroismo velleitario e per un malcelato protagonismo, ma con l’umile tenacia di chi porta avanti il proprio lavoro, spesso nascosto, resistendo alle pressioni che il mondo non manca di esercitare.

Il controllo rigoroso delle spese frena la tentazione, ricorrente in coloro che occupano cariche politiche o amministrative, a gestire le risorse non in modo oculato, ma a fini clientelari e di mero consenso elettorale. «Occorre dare maggior spazio a una sana politica, capace di riformare le istituzioni, coordinarle e dotarle di buone pratiche, che permettano di superare pressioni e inerzie viziose. Tuttavia, bisogna aggiungere che i migliori dispositivi finiscono per soccombere quando mancano le grandi mete, i valori, una comprensione umanistica e ricca di significato, capaci di conferire ad ogni società un orientamento nobile e generoso» (Lett. enc. Laudato si’, 181).

Questa è una delle piaghe più laceranti del tessuto sociale, perché lo danneggia pesantemente sia sul piano etico che su quello economico: con l’illusione di guadagni rapidi e facili, in realtà impoverisce tutti, togliendo fiducia, trasparenza e affidabilità all’intero sistema. La corruzione avvilisce la dignità dell’individuo e frantuma tutti gli ideali buoni e belli. La società nel suo insieme è chiamata a impegnarsi concretamente per contrastare il cancro della corruzione nelle sue varie forme.

Compito degli amministratori pubblici, dunque, è quello di agire “con trasparenza e onestà”, favorendo il rapporto di fiducia tra cittadino e le istituzioni, “il cui scollamento è una delle manifestazioni più gravi della crisi della democrazia”, a  tutela, in particolare, dei più deboli e poveri della società:

I beni comuni costituiscono risorse che vanno tutelate a vantaggio di tutti, specialmente dei più poveri, e di fronte a un loro utilizzo irresponsabile lo Stato è chiamato a svolgere una indispensabile funzione di vigilanza, debitamente sanzionando i comportamenti illeciti.

Gesù Cristo ci sprona ad affrontare il male apertamente e ad andare alla radice dei problemi. Ci insegna a pagare di persona in questa lotta, non per la ricerca di un eroismo velleitario e per un malcelato protagonismo, ma con l’umile tenacia di chi porta avanti il proprio lavoro, spesso nascosto, resistendo alle pressioni che il mondo non manca di esercitare.




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