Cinema – Film: Un uomo tranquillo

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Oggi vi narro di “Un Uomo Tranquillo” pellicola che ci fa vivere la storia di un uomo al quale la violenza e la sofferenza cambia drammaticamente la vita.

Nels Coxman è un uomo semplice, fiero di essere un diligente cittadino della sua sfavillante città nel Colorado, dove ha vinto il premio dell’anno per l’impegno nel suo lavoro di spazzaneve. Improvvisamente, la sua vita viene sconvolta quando il figlio viene ucciso da un potente boss della droga locale soprannominato il !4
Alimentato dal bisogno di vendetta e armato di artiglieria pesante, questo improbabile eroe si propone di smantellare il cartello con estrema precisione, nel tentativo di arrivare al vertice della catena che ha ucciso suo figlio.
Come Hans Petter Moland e Liam Neeson abbiano creato un mix di generiper creare il remake più originale dell’anno
“Un vaso di Pandora”. È così che Liam Neeson descrive il suo personaggio nel film più incredibilmente violento e pungente di Hans Petter Moland, Un uomo tranquillo. “Il mio personaggio intraprende la via della vendetta, ma non si rende conto in che situazione si stia mettendo”, dice Neeson. “Pensa di dare la caccia all’uomo che ha ucciso suo figlio. In realtà, tutto degenera in un vortice di vendetta e violenza. E l’intero film è avvolto da un humor tagliente, non so se riuscite a immaginarlo”.
Questa storia di vendetta ruota intorno a Nels Coxman, che lavora come spazzaneve nella località sciistica di Kehoe in Colorado. Appena nominato Cittadino dell’Anno per i suoi servizi nel mantenere agibili le strade che portano in città, la vita di Coxman si trasforma rapidamente in esecuzioni amatoriali e in un numero crescente di cadaveri, quando suo figlio (interpretato da Micheál Richardson) viene ucciso per errore da gangster locali. Tutto quello che sa sull’uccidere la gente è ciò che ha letto nei romanzi polizieschi, ma Coxman prende in mano un fucile da caccia a canne mozze e dà vita involontariamente a una catena di eventi che includerà una vera e propria guerra sulla neve, rapimenti, due boss della criminalità rivali e un branco di teppisti con colorati soprannomi, come Maverick, Mustang e Smoke.
possiede uno stile unico e la sua ispirazione risale a un grande di Hollywood. “Sono cresciuto amando i film di Billy Wilder”, dice il regista. “Ho amato la loro oscurità e il loro umorismo macabro, e quel grande equilibrio tra le due cose. Così quando mi è stata offerta la possibilità di fare il remake di In ordine di sparizione, questa volta in inglese (il film originale è in norvegese, sua lingua madre), ho accettato”.
L’idea di affidare il remake dell’originale allo stesso Moland è venuta al produttore Michael Shamberg che, dopo aver prodotto Pulp Fiction, Out of sight e Get Shorty, sa riconoscere un buon crime movie quando ne vede uno. “La cosa migliore della mia carriera è stata quella di lavorare con persone dal talento unico”, dice Shamberg. “Quando ho visto In ordine di sparizione… aveva tutto. E Un uomo tranquillo è uguale. Il pubblico sarà emotivamente coinvolto dai personaggi, soddisfatto per il film d’azione, e anche sorpreso da quanto sia divertente. È un film in cui quell’equilibrio deve stare al punto giusto, ed è per questo che Hans Petter poteva essere l’unico a farlo. E al centro di tutto c’è il meraviglioso Liam Neeson, che si diverte a portare il suo classico personaggio d’azione in una nuova direzione”.
È anche una storia su molti altri personaggi particolarmente complessi, non ultimi gli altri due padri con cui Nels avrà a che fare. Il primo è il Vichingo, lo psicotico boss locale della droga, interpretato magistralmente da Tom Bateman. Il secondo è White Bull, interpretato dal leggendario attore e cantante folk canadese Tom Jackson, che gestisce una banda di duri nativi americani, e lo fa con una solennità assolutamente fuori dal comune. “Sono tutti cattivi ragazzi. Non ci sono bravi ragazzi in questo film. Bisogna iniziare da lì, e poi chiedersi, ‘Bene, quanto è cattivo quel ragazzo?'”, dice Jackson su quello scontro che si concluderà con litri di sangue versato sulla neve bianca. “Ti ricordi Il mucchio selvaggio? Ti ricordi quei film? Penso che questo sia uno di quelli. È coinvolgente da morire”.
Per il suo remake, Moland ha portato con sé gran parte della sua troupe originale, ma ha anche arruolato un nuovo sceneggiatore, Frank Baldwin, e un cast di attori secondari, tra cui Laura Dern nel ruolo della moglie di Coxman, Grace, Emmy Rossum nel ruolo della poliziotta Kim, e Julia Jones. “Nel film, i personaggi femminili sono abbastanza intelligenti da prendere le distanze dalle azioni degli uomini, o dalla loro stupidità”, ride Moland. “Gli uomini nel film sono prepotenti, arroganti e non hanno umorismo. Sono seri da morire. Oppure morti”.
La sceneggiatura di Baldwin si è particolarmente sbizzarrita con il cast dei personaggi cattivi, disegnati in modo particolare e bizzarro: “La posta in gioco è la vita”, dice lo sceneggiatore, “ma quegli uomini sono incredibilmente presuntuosi, ed è da lì che viene l’umorismo” – anche se l’ispirazione originale di Moland era una cosa seria. “L’idea originale mi è venuta pensando: ‘Se mio figlio morisse in questo modo, mi siederei e accetterei quello che è successo? O farei qualcosa al riguardo? E ciò porterebbe solo a un’escalation di violenza senza fine?’ dice Moland. “Non volevo essere limitato dal genere, volevo anzi permettere a diversi generi di vivere felici uno accanto all’altro, volevo che il film fosse terrificante e tragico, ma anche comico – così com’è la vita”.
Il risultato è qualcosa di veramente unico, un film con un’incredibile azione, con un sottofondo di umorismo consapevole e interpretato da uno dei cast meglio disegnati e variegati della cinematografia recente.
“Ed è per questo che questo remake doveva essere diretto da Hans Petter”, dice Shamberg. “Bisognava bilanciare tutto in maniera così sottile, penso che solo lui potesse farlo. Questo non è un tipico film di vendetta. È un film sull’inutilità della vendetta. È un film violento contro la violenza. Che è un po’ un ossimoro”.
Perché Hans Petter Moland, alias “il Ridley Scott della Norvegia”, ha accettato di fare il remake del suo esilarante film? “Dicono sempre che un regista non dovrebbe mai fare il remake di un proprio film”, osserva ironicamente Moland. “Ma quando ci ho pensato, mi sono detto, ‘Perché no?'”
Come Michael Haneke con Funny Games, Takashi Shimizu con The Grudge e George Sluizer con Il mistero della donna scomparsa prima di loro, Un uomo tranquillo di Moland – e la sua sfrenata e sanguinosa sete di vendetta – lo vede nel remake del suo acclamato thriller norvegese del 2014, In ordine di sparizione, questa volta in inglese. “Non è che non fossi felice dell’originale”, dice Moland. “Ma l’ho guardato come se fossi, diciamo, un regista teatrale che aveva realizzato una produzione di successo a Oslo, e ora avessi la possibilità di fare una nuova produzione a Broadway, per un nuovo pubblico e con un cast di nuovi straordinari attori. Era una tale opportunità che non potevo dire di no”.
Qui il regista – che è stato definito dallo storico cinematografico britannico Peter Cowie come “il Ridley Scott della Norvegia”, per i suoi premiati spot pubblicitari e il suo occhio impeccabile – tradisce Stellan Skarsgård e le sfumature dell’umorismo norvegese a favore di quello americano.
Una volta hai descritto il processo di realizzazione dei film come “un lungo viaggio attraverso una valle di compromessi”. Detto questo, perché mai voler tornare indietro e rifare un film a cui sei già sopravvissuto una volta?
“Sì, credo di averlo detto. [Ride]. Detto questo, penso anche che il vantaggio sia quello di potersi mettere alla prova con tutto ciò che non si è imparato la prima volta. Quando Michael Shamberg (produttore di Un uomo tranquillo) ha ottenuto i diritti di questo remake, ha detto che voleva che lo facessi io. E questo mi ha costretto a riesaminare il concetto che sia sempre meglio che qualcun altro faccia il remake di un proprio film. Ho iniziato a pensare al perché non avrei dovuto farlo. Non è che non fossi contento dell’originale, ma ho provato a guardarlo come se fosse una produzione teatrale di successo ad Oslo, per esempio. E poi qualcuno mi chiede di realizzare una nuova produzione dello stesso spettacolo a Broadway, per un pubblico nuovo. E questa era una proposta interessante, parlare con un pubblico diverso, farlo con attori diversi, attori fantastici. Pensandola in questo modo, non potevo non farlo”.

I registi che hanno fatto un remake in inglese di un proprio film in “lingua straniera” sono davvero pochi. Hai visto qualcuno di quei film, giusto per vedere cosa hanno fatto quei registi?
“Non li ho guardati deliberatamente. Perché penso che la maggior parte dei registi che rifanno i propri film non siano necessariamente soddisfatti del risultato o del processo. E ci sono molte ragioni per questo. Mi sono concentrato maggiormente su due cose: una, trovare un processo che potesse funzionare per me e, due: mantenere la stessa espressività dell’originale. E questo significava essere autorizzato a fare il film nel modo in cui io so fare un film. Ci sono molti altri modi per fare un film, ma se sei ostacolato dal processo non farai del tuo meglio. Da questo punto di vista sono stato molto incoraggiato e ho realizzato il film nel modo migliore che conosco. E poiché ho vissuto negli Stati Uniti per molti anni, mi sento a mio agio e a casa in mezzo alla cultura americana”.
Avendo vissuto negli Stati Uniti per 11 anni e venendo dalla Norvegia, quali sono secondo te le differenze tra umorismo americano e norvegese?
“Ci sono differenze culturali, ovviamente. E ci sono anche grandi somiglianze. Ma quando la gente dice che i miei film hanno un umorismo tipicamente “scandinavo”, non sono assolutamente d’accordo. [In Norvegia] diciamo scherzosamente che i danesi non sanno fare le commedie. Quindi, essere messi alla loro stregua non è esattamente un complimento. Ma, più di ogni altra cosa, il mio umorismo è influenzato molto dai cineasti americani – come Billy Wilder, per esempio. E avendo vissuto a New York negli anni ’70 e ’80, quell’umorismo oscuro, grottesco, macabro, mi era molto familiare. Per questo qualsiasi mia caratteristica tipicamente ‘scandinava’ è anche fortemente influenzata da tutto ciò”.
Billy Wilder è un ottimo punto di riferimento per Un uomo tranquillo. L’appartamento in particolare ha quel sorprendente mix di oscurità e luce…
“Sì, assolutamente. Sono un grande fan di Wilder e della sua capacità di fondere queste due cose. Nella mia educazione c’è stato certamente moltissimo umorismo, ne ha fatto parte integrante, per questo ho trovato davvero una connessione con i suoi film, quando ero negli Stati Uniti”.
Scegliere Liam Neeson per il film è stato un colpo da maestro, anche perché aveva già interpretato film del genere, benché questo sia molto diverso. Lo hai scelto proprio pensando ai suoi ruoli passati?
“Liam porta con sé delle aspettative enormi – perché è un attore favoloso. E l’umorismo del film è stato qualcosa che lo ha colpito davvero, per questo ha risposto che gli sarebbe piaciuto farlo. Sono felice di aver lavorato con lui. È una performance davvero speciale e unica. È un attore curioso e instancabile. E la grande differenza, tra questo film è gli altri fatti da lui in precedenza, è che non riguarda lui che salva sua figlia. Non c’è nessun figlio da salvare qui. È già morto. Quindi i protagonisti sono la rabbia e il lutto per la perdita, più di ogni altra cosa”.
È anche un film sui padri e sui figli, e sulla futilità della vendetta?
“Sì. È focalizzato sulla vendetta come strategia non praticabile ai fini di una vita produttiva, per gli uomini e per le loro famiglie. Non è proprio una buona idea vendicarsi, anche se è divertente vedere la gente che lo fa”.
Hai detto che è un film violento che alla fine è contro la violenza. Eri consapevole di quella dicotomia?
“Ero molto consapevole di quella dicotomia, perché se stai facendo qualcosa di satirico, allora la dicotomia è una parte integrante della satira. Quell’incongruità tra movente e azione. Questo è un film pieno di persone che sono a corto di intuizioni, in particolare il Vichingo. Tutte le persone in questo film sono serie da morire oppure… morte. Sono ignare dell’umorismo che li circonda e del risultato delle loro azioni”.
Fatta eccezione per i personaggi femminili, ovviamente…
“Sì, quei tre personaggi [interpretati da Laura Dern, Emmy Rossum e Julia Jones] sono gli unici veramente intelligenti. È voluto il fatto che non siano le donne a dominare nel film, ma che dominino allontanandosi dalle azioni dei personaggi maschili. Sono troppo intelligenti. E questo vale anche per il figlio del Vichingo. È molto più intelligente di suo padre. Alla fine del film pensi che starà bene. Che avrà un futuro. E probabilmente starà meglio senza il fardello di suo padre, che è un uomo così stupido e distruttivo”.
Qual è stato il punto di partenza del film?
“Stavo pensando a cosa sarebbe accaduto se fossi stato sottoposto a qualcosa del genere – se, diciamo, e qui stiamo parlando ipoteticamente – uno dei miei figli fosse morto per overdose. È stato durante un periodo in cui si sono verificati molti decessi per overdose a Oslo. Durante la guerra, l’eroina arrivò dai Balcani, lanciandosi alla cieca in una cultura in cui l’eroina era inesistente. Accetterei semplicemente ciò che è successo, accetterei un rapporto della polizia non esaustivo, o vorrei scoprire cos’è successo? La mia tristezza e il mio dolore sitingerebbero di rabbia? Da cosa dovrei iniziare? Probabilmente andrei da uno degli amici di mio figlio, per farmi dire quello che sa, forse prenderei il nome di chi gli ha venduto la droga. Ma da un trafficante di droga di basso livello molto probabilmente non avresti la risposta sulla provenienza della droga, quindi probabilmente dovresti prenderlo a pugni per ottenere il nome di qualcuno. E una volta fatto, avresti dei nemici e dovresti coprire le tue tracce? Mi sono reso conto che alla fine avrebbe portato solo a un grande caos, come la maggior parte delle guerre”.
Nel film, Nels ha scelto da tempo un percorso diverso da quello di suo padre e di suo fratello. È un brav’uomo, che tuttavia viene risucchiato da questa violenza. Che cosa vuoi dire? Che non si può sfuggire al proprio passato?
“No, non penso che il film voglia dire questo. Questo dettaglio è lì per dare almeno a Nels la possibilità di accedere ad alcuni strumenti a cui un completo outsider non avrebbe accesso. E offre anche una visione del suo personaggio e delle sue scelte di vita. A differenza di suo padre e di suo fratello, ha scelto una vita onesta, come autista di spazzaneve. La vera ironia è che è stato nominato Cittadino dell’Anno, e la prima cosa che fa è andare ad uccidere delle persone. [Ride]. Dice qualcosa su quanto sia civilizzato il suo cuore. Penso che Nels si consideri un uomo più onesto o più civilizzato di quello che realmente sia, il che penso che in realtà valga per la maggior parte di noi. È facile avere grandi opinioni di se stessi finché non si è davvero messi alla prova”.




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