“Otzi ed il mistero del tempo” tra cinema, fantasia e realtà

1499

“Otzi ed il mistero del tempo” è un film che attendavamo di vedere con particolare curiosità perché pellicola che ha un compito speciale, quello di valorizzare il patrimonio archeologico italiano e le bellezze naturali incontaminate dell’Italia del nord.

90 minuti in cui avventura, fantasia, realtà, finzione si mischiano in una storia piacevole (ma anche con i suoi risolti tristi), capaci di incantare famiglie intere senza alcuna distinzione di età.

Il film prende spunto dalla storia di Otzi l’uomo ritrovato tra i ghiacci delle Alpi da due turisti.

Riconosciuto di interesse culturale con contributo economico del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, direzione generale cinema, il film di Gabriele Pignotti annovera nel cast Michael Smiley, Diego Delpiano, Alessandra Mastronardi, Amelia Bradley, Judah Cousin, Deirdre Mullins e Vinicio Marchioni.

L’undicenne Kip è un ragazzo come tanti, intelligente e sensibile, per cui il tempo dell’infanzia sta finendo. Negli ultimi giorni prima di lasciare per sempre Bolzano e gli amici del cuore, Kip vive con loro un’esperienza straordinaria. Quando si reca al museo a salutare la mummia Ötzi per l’ultima volta, accade qualcosa di magico: Ötzi si risveglia, cominciando a rigenerarsi. Mentre Ötzi, in incognito, incontrerà il ventunesimo secolo, Kip apprenderà da lui i segreti dell’età del rame: scoprirà così che il tempo che credeva tiranno può essere un magico e sconvolgente alleato. Inseguiti per i boschi e le montagne dell’Alto Adige, Ötzi e gli amici vivranno un’avventura giocosa e spericolata, arrivando a confrontarsi coraggiosamente con le proprie paure e fragilità.

Il regista Gabriele Pignotta racconta con queste parole il suo film: “A volte il tempo è davvero un mistero. Lo stesso mistero che avvolge la storia dell’Uomo del Similaun, Otzi, il protagonista del nostro film. Abbiamo amato l’idea di riportare in vita dopo 5000 anni questo homo sapiens dell’età del rame (famoso in tutto il continente) e di farlo interagire con il mondo di oggi e soprattutto con i tre bambini protagonisti del film con i quali Ötzi instaura una profonda amicizia. Il nostro desiderio era dar vita a una grande avventura, una storia di discendenza familiare avvolta nella magia degli sciamani. Ma volevamo raccontare anche una storia di amicizia e di valori, come il coraggio, che si trasmettono di generazione in generazione rimanendo i pilastri della nostra esistenza. L’ambizione è portare i bambini dentro un viaggio fantastico che parte da un importantissimo ritrovamento archeologico e si trasforma in una bellissima avventura umana che arriva dritta al cuore dei nostri piccoli spettatori”.

Ma andiamo a ripassare insieme la storia ‘vera’ di Otzi.

Otzi è molto famoso in Italia e nel mondo in quanto si tratta della mummia di un essere umano, di sesso maschile, vissuto oltre 5.200 anni fa, ma soprattutto perché il corpo si è conservato perfettamente, con tanto di vestiario ed equipaggiamento completo. Un fatto eccezionale, dovuto alle particolari condizioni climatiche all’interno del ghiacciaio in cui è stato rinvenuto.

A trovare Ötzi furono Erika ed Helmut Simon, due turisti di Norimberga, tra il 19 e il 22 settembre 1991, presso il confine tra Italia e Austria, sullo Hauslabjoch. La coppia, prendendo una scorciatoia, perse il sentiero e ad un tratto si accorse di qualcosa di nero e scuro in una conca piena di acqua derivata dallo scioglimento di ghiacci. I due alpinisti si avvicinarono e, spaventati, si accorsero di aver trovato un corpo umano. Dopo aver scattato una foto, Erika ed Helmut si allontanarono, convinti di aver trovato i resti di un alpinista scomparso qualche anno prima. Nei giorni successivi avvenne il recupero, senza particolari accorgimenti conservativi e senza la presenza di un archeologo: furono addirittura danneggiate parti del corpo e dell’equipaggiamento dell’uomo, ma purtroppo nessuno nell’immediato si rese conto della grande scoperta che aveva davanti. Solo dopo sei giorni, venne chiamato un archeologo: esaminando corpo e reperti, soprattutto un’ascia in rame, datò la mummia di almeno 4.000 anni.

La prova definitiva si è avuta con la datazione al carbonio 14, un metodo molto usato in archeologia per stabilire l’antichità del materiale organico: le analisi hanno stabilito che l’Uomo venuto dal ghiaccio è vissuto fra il 3.350 e il 3.100 a.C., oltre 5.000 anni fa. Insomma, Ötzi è anche più vecchio della Piramide di Cheope e del sito di Stonehenge, in Inghilterra, ed è la prima scoperta al mondo di un corpo umano datato a diversi millenni così ben conservato, con l’abbigliamento completo e numerosi oggetti di equipaggiamento. Il processo che ha portato alla mummificazione non è ancora del tutto chiaro tra gli scienziati: secondo alcuni, il corpo è stato ricoperto da un manto nevoso prima e poi dal ghiacciaio. Altri invece sostengono il contrario, cioè che il corpo sia stato ricoperto di neve soltanto dopo lo scioglimento del ghiaccio.

Inizialmente il corpo di Ötzi fu portato in Austria, solo successivamente, poiché il luogo del ritrovamento si trovava – per pochi metri – in territorio italiano, la mummia fu trasferita in Italia. Ora il corpo di Ötzi è conservato al Museo Archeologico dell’Alto Adige di Bolzano, mentre nella valle del rinvenimento si trova l’Archeoparc-Museum Val Senales, un museo interattivo che ricostruisce l’ambiente di vita di Ötzi.

Il soprannome Ötzi gli venne invece dato da un giornalista: si tratta di un vezzeggiativo che deriva dal luogo del ritrovamento (Ötztal nel Tirolo del Nord).

Grazie ad approfondite ricerche scientifiche, possiamo conoscere l’identità di Ötzi: era un uomo di circa 45 anni (età piuttosto avanzata per l’epoca in cui è vissuto), alto 1,60 metri e con un peso di circa 50 kg. I suoi capelli dovevano essere scuri e ondulati, mentre gli occhi erano marroni. Inoltre, sul corpo di Ötzi sono stati ritrovati ben 61 tatuaggi, per la maggior parte punti, linee e crocette: è considerato il primo essere umano tatuato di cui si abbia conoscenza! I tatuaggi si trovano in parti del corpo che durante la vita dell’Uomo venuto dal ghiaccio devono avergli provocato dolori: avevano quindi, molto probabilmente, funzioni di tipo curativo. Per quanto riguarda l’equipaggiamento, Ötzi aveva con sé l’occorrente per rimanere lontano dal suo accampamento per parecchio tempo: ascia, pugnale, ritoccatore (un piccolo strumento a forma di matita che veniva usato per lavorare la selce), arco, faretra e frecce, rete, recipienti, attrezzi e materiali. Addirittura, aveva con sé una piccola farmacia domestica.

Ötzi morì assassinato: nel 2001 fu scoperta la punta di una freccia nella spalla sinistra.

Secondo la ricostruzione del commissario della polizia criminale di Monaco, Alexander Horn, l’uomo di Similaun potrebbe essere stato ucciso da qualcuno con cui aveva un conto in sospeso. Perché Horn è giunto a questa conclusione? Ötzi aveva una profonda ferita da taglio alla mano destra, risalente a pochi giorni prima della morte, che sembra procurata in una lotta corpo a corpo, forse in un tentativo di difesa. Poco prima di morire, inoltre, l’uomo si era fermato a consumare un pasto abbondante, di cui è stata trovata traccia nel suo stomaco: segno che non aveva fretta e non si sentiva minacciato. La freccia che l’ha colpito a morte è invece stata scagliata da lontano e probabilmente in modo inaspettato: il suo assassino, è l’ipotesi, potrebbe dunque averlo seguito, e avere pianificato l’agguato.

Prima di morire Ötzi aveva già alcuni acciacchi di salute: denti malandati, una brutta gastrite, forse una forma di artrosi. C’era però chi si era preso cura di lui: secondo un recente studio, le erbe e i tatuaggi trovati sulla Mummia del Similaun sarebbero riconducibili a un’antica e consolidata tradizione medicinale.

Già 5.300 anni fa la cultura di appartenenza del pastore venuto dai ghiacci poteva contare su un “sistema sanitario” piuttosto sofisticato.

Il team guidato dai ricercatori dell’Accademia Europea di Bolzano (Eurac) ha fatto il punto sui principali problemi di salute dell’uomo, inclusi i dolori articolari, i problemi gastrointestinali e le calcificazioni nelle arterie, e li ha messi a confronto con la posizione e il numero di tatuaggi (quelli sul corpo di Ötzi sono ben 61).

L’ipotesi che l’uomo avesse dimestichezza con alcuni rimedi medicinali non è nuova. Studi passati avevano individuato nelle cinture di pelle che gli facevano da marsupio, tracce di un fungo (Fomitopsis betulina) dalle proprietà antibiotiche e antinfiammatorie. Allo stesso modo, le felci ritrovate nel suo stomaco, tra i resti del suo ultimo pasto, erano forse usate per combattere i parassiti intestinali. Le caratteristiche dei 61 tatuaggi, alcuni dei quali puntiformi e distribuiti attorno alle articolazioni, aveva portato a ipotizzare che sulla pelle di Ötzi fosse stato eseguito un trattamento paragonabile a una forma primitiva di agopuntura.

Un riesame dei punti in cui i tatuaggi sono distribuiti (per esempio su polsi e caviglie, alla base della colonna vertebrale o dietro al ginocchio) conferma che molti si trovavano in corrispondenza dei punti “classici” trattati con l’agopuntura. Alcuni di essi dovevano aver richiesto una preparazione lunga e sofisticata. Questi particolari, insieme alle altre tracce di cure mediche, fanno pensare che Ötzi appartenesse a una cultura in cui questi trattamenti erano più frequenti e diffusi di quanto si pensasse, e in cui i segreti dei “successi terapeutici” erano trasmessi tra generazioni.

Probabilmente già nelle Alpi dell’Età del Rame si tramandavano alcuni rudimenti di anatomia, si riconoscevano i sintomi di alcune comuni malattie e si provava ad alleviarli.

Vissuto durante l’Età del Rame, fra il 3100 e il 3300 a.C., Ötzi aveva circa 45 anni quando morì, un’età abbastanza avanzata per l’epoca. Aveva occhi marroni, capelli scuri lunghi fin sulle spalle, che probabilmente portava sciolti. La sua corporatura era snella e scattante: alto circa un metro e sessanta, pesava una cinquantina di chili. Il suo numero di scarpe corrisponderebbe oggi a un 38.|

Dal 1998 la mummia si trova al Museo Archeologico dell’Alto Adige di Bolzano, conservata in una cella frigorifera che riproduce le condizioni del ghiacciaio: una temperatura costante di 6 °C sotto zero e un’umidità del 99 per cento. La mummia viene inoltre spruzzata regolarmente con acqua sterilizzata per contrastare la perdita di umidità. Il pubblico può osservarla da un piccolo oblò ma intanto al cinema si può ammirare Otzi con una fortuna in più poter dare spazio alla fantasia!




Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *