Tallin – nel Giardino delle Rose del Palazzo Presidenziale Papa Francesco ha incontrato le autorità

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Si è dunque concluso il viaggio di Papa Francesco nei Paesi Baltici. Domani vi documenterò l’incontro con i media del Pontefice in aereo tornando a Roma, oggi andiamo a rivisitate la giornata finale della visita pastorale di Bergoglio tra popolazioni in festa.
Gli impegni del Pontefice sono stati molteplici: dapprima al Giardino delle Rose del Palazzo Presidenziale (Tallinn), Francesco ha incontrato le autorità.
“…Da secoli queste terre sono chiamate “Terra di Maria”, Maarjamaa. Un nome che non solo appartiene alla vostra storia, ma fa parte della vostra cultura. Pensare a Maria evoca in me due parole: memoria e fecondità. Lei è la donna della memoria, che custodisce tutto ciò che vive, come un tesoro, nel suo cuore (Lc 2,19); ed è la madre feconda che genera la vita di suo Figlio. Ecco perché mi piacerebbe pensare all’Estonia come terra di memoria e di fecondità.
Il vostro popolo ha dovuto sopportare in diversi periodi storici duri momenti di sofferenza e tribolazione. Lotte per la libertà e l’indipendenza, che sono sempre state messe in discussione o minacciate. Tuttavia, negli ultimi poco più di 25 anni – in cui siete rientrati a pieno titolo nella famiglia delle nazioni – la società estone ha compiuto “passi da gigante” e il vostro Paese, pur essendo piccolo, si trova tra i primi per l’indice di sviluppo umano, per la sua capacità di innovazione, oltre a dimostrare un alto livello riguardo a libertà di stampa, democrazia e libertà politica. Inoltre avete rafforzato i legami di cooperazione e amicizia con diversi Paesi. Considerando il vostro passato e il vostro presente, troviamo motivi per guardare al futuro con speranza di fronte alle nuove sfide che vi si presentano. Essere terra della memoria significa saper ricordare che il posto che avete raggiunto oggi è dovuto allo sforzo, al lavoro, allo spirito e alla fede dei vostri padri. Coltivare la memoria riconoscente permette di identificare tutti i risultati di cui oggi godete con una storia di uomini e donne che hanno combattuto per rendere possibile questa libertà, e che a sua volta vi chiama a rendere loro omaggio aprendo strade per coloro che verranno dopo.
Come ho sottolineato all’inizio del mio ministero di Vescovo di Roma, «l’umanità vive in questo momento una svolta storica che possiamo vedere nei progressi che si producono in diversi campi. Si devono lodare i successi che contribuiscono al benessere delle persone» (Esort. ap, Evangelii gaudium, 52); tuttavia, occorre sempre ricordare che il benessere non è sempre sinonimo di vivere bene.
Uno dei fenomeni che possiamo osservare nelle nostre società tecnocratiche è la perdita del senso della vita, della gioia di vivere e, quindi, uno spegnersi lento e silenzioso della capacità di meraviglia, che spesso immerge la gente in una fatica esistenziale. La consapevolezza di appartenere e di lottare per gli altri, di essere radicati in un popolo, in una cultura, in una famiglia può andare perduta a poco a poco privando, soprattutto i più giovani, di radici a partire dalle quali costruire il proprio presente e il proprio futuro, perché li si priva della capacità di sognare, di rischiare, di creare. Mettere tutta la fiducia nel progresso tecnologico come unica via possibile di sviluppo può causare la perdita della capacità di creare legami interpersonali, intergenerazionali e interculturali, vale a dire di quel tessuto vitale così importante per sentirci parte l’uno dell’altro e partecipi di un progetto comune nel senso più ampio del termine. Di conseguenza, una delle responsabilità più rilevanti che abbiamo quanti assumiamo un incarico sociale, politico, educativo, religioso sta proprio nel modo in cui diventiamo artigiani di legami.
Una terra feconda richiede scenari a partire dai quali radicare e creare una rete vitale in grado di far sì che i membri delle comunità si sentano “a casa”. Non c’è peggior alienazione che sperimentare di non avere radici, di non appartenere a nessuno. Una terra sarà feconda, un popolo darà frutti e sarà in grado di generare futuro solo nella misura in cui dà vita a relazioni di appartenenza tra i suoi membri, nella misura in cui crea legami di integrazione tra le generazioni e le diverse comunità che lo compongono; e anche nella misura in cui rompe le spirali che annebbiano i sensi, allontanandoci sempre gli uni dagli altri. In questo sforzo, cari amici, voglio assicurarvi che potete sempre contare sul sostegno e sull’aiuto della Chiesa Cattolica, una piccola comunità tra di voi, ma con tanta voglia di contribuire alla fecondità di questa terra…”




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