Papa Francesco ed i tre doni di Dio

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Nell’appuntamento di questo lunedi a Santa Marta, Papa Francesco è ritornata a parlare dei tre doni di Dio.

È lasciandosi «misericordiare» da Dio che si possono fare propri i suoi «doni irrevocabili: l’elezione, la promessa e l’alleanza» ha esclamato Papa Francesco confidando di vedere, in modo particolare, queste tre realtà «ogni volta che vengono da me i fidanzati perché io benedica le loro fedi: l’elezione — si eleggono mutuamente —, la promessa di portare la vita avanti insieme e l’alleanza». E proprio «per questo il matrimonio è fra le figure più perfette del dono di Dio

“In questo passo della lettera ai Romani — ha fatto presente il Pontefice facendo riferimento al brano (11, 29-36) proposto dalla liturgia — Paolo sta finendo la sua riflessione sull’elezione di Dio agli israeliti e sull’elezione ai gentili: è tutta un’argomentazione teologica che Paolo deve fare per convincere che tutti e due sono eletti, sono stati eletti. E finisce con questa frase, forte: “Fratelli, i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili”. Come a dire che «quando Dio dà un dono, questo dono è irrevocabile: non lo dà oggi e lo toglie domani» e «quando Dio chiama, quella chiamata rimane tutta la vita».

“Sono stati tre nella storia della salvezza i doni, le chiamate di Dio al suo popolo: l’elezione, la promessa e l’alleanza, cioè il dono dell’elezione, il dono della promessa e il dono dell’alleanza”.

“Il popolo di Dio è un popolo eletto” ha affermato Francesco, ricordando che “è proprio il Signore che elegge Abramo — il primo eletto — e lo porta avanti con una promessa e fa con lui e con i suoi successori un’alleanza. Ed è proprio il Signore che continua a sottolineare, a rafforzare l’elezione. Infatti, nel ciclo di Abramo, nella Genesi, quante volte il Signore dice: “sì, io ti ho eletto”, e quante volte sottolinea e ripete la promessa: “io ti darò un figlio, ma non questo, un altro” — “Ma a novant’anni?” – “A novant’anni!”.

Ecco «la promessa», ha fatto presente Francesco rimarcando il fatto che “il Signore continuamente celebra l’alleanza, quell’alleanza suggellata da lui all’inizio. E «questa è la storia della salvezza», ma il Signore mai, mai torna indietro. Dunque questi doni dell’elezione, della promessa e dell’alleanza sono irrevocabili: per il popolo di Dio, per la Chiesa e anche per ognuno di noi. Perché, ognuno di noi è stato eletto; ognuno di noi è un eletto, un’eletta di Dio; ognuno di noi porta una promessa che il Signore ha fatto: “Cammina nella mia presenza, sii irreprensibile e io ti farò questo. Ciascuno di noi fa delle alleanze con il Signore”. In realtà, ha tenuto a far notare il Papa, queste alleanze con il Signore “può farle, non vuole farle: è libero. E questo è un fatto”.
“Come sento io l’elezione: mi sento cristiano per caso? Come vivo io la promessa, una promessa di salvezza nel mio cammino, e come sono fedele all’alleanza, come lui è fedele? Perché, lui è fedele e per questa ragione i doni e la chiamata sono irrevocabili: lui non può rinnegare se stesso, lui è la fedeltà stessa”.

“Mi sento eletto da Dio? Sento la carezza di Dio nel mio cuore? Sento che Dio mi ama? E si prende cura di me? E quando io mi allontano, lui va a cercarmi?. Può essere di aiuto, ha affermato, pensare alla parabola della pecora smarrita, per esempio: il Signore che va e le promesse che ha fatto e le alleanze”.

“Ogni volta che vengono da me i fidanzati perché io benedica le loro fedi, vedo lì, in quel gesto, queste tre cose: l’elezione — si eleggono mutuamente —, la promessa di portare la vita avanti insieme e l’alleanza». Proprio «per questo il matrimonio è fra le figure più perfette del dono di Dio”.

Nelle successive «quattro righe» della lettera ai Romani l’apostolo Paolo, “dopo aver spiegato questo, per quattro volte ripete le parole “disobbedienza” e “misericordia”: c’è una tensione tra le due, dove c’è disobbedienza c’è stata misericordia. Paolo lo ripete per quattro volte: questo vuol dire che nel cammino dell’elezione verso la promessa e l’alleanza ci saranno peccati, ci sarà la disobbedienza, ma davanti a questa disobbedienza c’è sempre la misericordia”.

“È come la dinamica del nostro camminare verso la maturità: c’è sempre la misericordia, perché lui è fedele, lui non revoca mai i suoi doni. Questo è collegato: i doni sono irrevocabili perché davanti alle nostre debolezze, ai nostri peccati c’è sempre la misericordia e quando Paolo arriva a questa riflessione fa un passo in più: non di spiegazione a noi, ma di adorazione”.

“O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!” scrive l’apostolo ai Romani. Parole che sono un atto di adorazione, di lode: lui si inginocchia davanti a questo mistero della disobbedienza e della misericordia che ci fa liberi e davanti a questa bellezza dei doni irrevocabili come sono l’elezione, la promessa e l’alleanza. E «questa è l’argomentazione di Paolo: quando non può andare avanti con la testa, perché ha spiegato tutto, Paolo si inginocchia e adora». Egli «adora in silenzio”.

“Penso che può farci bene, a tutti noi — ha concluso il Papa — pensare oggi alla nostra elezione, alle promesse che il Signore ci ha fatto e a come vivo io l’alleanza con il Signore”. Ma anche, ha proseguito, a “come mi lascio — permettetemi la parola — “misericordiare” dal Signore, davanti ai miei peccati, alle mie disobbedienze . E, alla fine, se io sono capace come Paolo di lodare Dio per questo che ha dato a me, a ognuno di noi: lodare e fare quell’atto di adorazione.




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