La peste investe il Madagascar e minaccia il mondo

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Quando la situazione si fa difficile si può sempre contare sui cattolici ed in Madagascar si stanno rendendo conto di quanto tutto ciò sia vero.

In tutto il Paese è infatti scoppiata una vera e propria epidemia di peste polmonare, la forma più grave e mortale della peste, che secondo il Ministero della Salute del paese ha interessato finora almeno 343 persone e ha causato la morte di 42.

“In questo periodo di inquietudini e di afflizioni in Madagascar, la Commissione Episcopale per la Pastorale della Sanità esprime la preoccupazione della Chiesa per le famiglie di defunti, persone contagiate dalla peste e tutta la comunità” si legge nella lettera di Monsignor Marie Fabien Raharilamboniaina, Vescovo di Morondava e Presidente della Commissione Episcopale per la Pastorale della Salute.

“Sosteniamo l’impegno del Governo che attraverso il Ministero della Sanità pubblica lotta contro il proliferare della peste”, continua il Vescovo. “La Chiesa desidera essere vicina al personale sanitario e incoraggiarlo a continuare questa lotta con perseveranza e fiducia. Esorta tutti ad intensificare la pulizia e l’igiene degli ambienti (case, strade, grondaie) e a mettere in pratica le raccomandazioni del Ministero della Sanità pubblica e dell’Oms in caso di malattia e decessi”.

La Chiesa “invita tutti a non respingere i casi sospetti e gli ammalati di peste, ad assumersi tempestivamente la responsabilità di evidenziare qualsiasi minimo sintomo perché la peste è curabile, a vigilare su qualsiasi tentativo di corruzione e manipolazione politica di fronte alla debolezza della popolazione, ed essere pronti a comunicare i casi sospetti.”

“I dispensari cattolici sono chiamati a contribuire e collaborare attivamente nella cura dei malati, rispettando tutte le misure precauzionali richieste. La Madonna del Rosario ci accompagni in questa lotta, la grazia e la pace di Nostro Signore Gesù Cristo siano sempre con noi” conclude mons. Raharilamboniaina.
L’Organizzazione mondiale della Sanità ha segnalato quanto il fenomeno sia grave, avvertendo che il morbo si sta diffondendo rapidamente e che presenta un alto grado di contagio. Tra le prime misure per contenere l’emergenza, il Primo ministro, Olivier Mahafaly Solonandrasana, ha annunciato il divieto di riunioni pubbliche numerose, soprattutto nella capitale Antananarivo e nelle principali città. Dal 1980 la peste riappare ogni anno nel Paese, generalmente da ottobre a marzo.

Secondo il Pasteur Institute, la peste ha colpito 40mila persone in Africa e Asia negli ultimi 15 anni.
Il numero dei contagiati nel Paese africano desta una certa preoccupazione perché superiore a quello registrato, in tutto il mondo, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nell’intero anno 2015: allora ci furono 320 infetti e 77 decessi a livello globale.

Secondo il Ministero della Salute italiano, in una nota diffusa il 2 ottobre, “l’epidemia è iniziata (in agosto) col decesso di un uomo di 31 anni del Distretto di Ankazobe negli Altipiani centrali, un’area considerata endemica per la peste”. “Da quel momento, il Ministero della Salute Pubblica del Madagascar ha rafforzato le indagini di campo, il rintraccio dei contatti, la sorveglianza e il monitoraggio di tutti i contatti stretti”. Nonostante “le consuete” rassicurazioni, l’opinione pubblica mondiale è allarmata dalla situazione che si sta verificando e temo contagi.

In realtà la peste non se n’è mai andata. In Madagascar sono stati riportati casi anche nel 2015-2016 e in tutte le zone del mondo afflitte da scarso livello di igiene i focolai si susseguono da decenni.
Persino negli Stati cosiddetti industrializzati si registrano una decina di casi all’anno: nel New Mexico, in Usa, a giugno di quest’anno due persone sono risultate infette.

Ma che cosa conosciamo della peste?
La malattia è provocata dal batterio Yersinia pestis, che ha come ospite le pulci di piccoli roditori. La peste bubbonica, chiamata così perché i sintomi più evidenti sono appunto escrescenze che si manifestano in tutto il corpo, non si trasmette perciò da uomo a uomo, ma il contagio avviene tramite la puntura dell’insetto o con il contatto di lesioni e ferite della pelle con materiale che contiene il batterio. È la forma più diffusa e si diffonde nelle aree in cui le persone vivono a stretto contatto con ratti e topi, quindi in condizioni di estrema povertà dove le abitazioni sono infestate da questi animali ma anche nei posti in cui c’è carenza di strutture sanitarie e mancanza di antibiotici, che possono arrestare la malattia nel giro di pochi giorni.
Infatti se la peste bubbonica non viene curata immediatamente può degenerare in una forma molto più pericolosa, quella polmonare, che attacca le vie respiratorie e non ha bisogno di “untori” come i topi per infettare l’uomo: il batterio passa da persona a persona attraverso l’aria, tramite starnuti, inalazione di particelle di muco o saliva e tosse. Insomma, come l’influenza. Ed è questa la forma che sta dilagando in Madagascar ed è considerata più letale della peste bubbonica, perché può provocare un decesso ogni due persone infette. Diffuse per millenni e in ogni parte del mondo, spesso le epidemie di peste hanno avuto dimensioni tali da stravolgere la società e l’economia di intere aree geografiche. Sebbene alcuni testi egizi del secondo millennio a.C. e la Bibbia ci parlino di pestilenze, la prima vera epidemia di peste descritta con cura fu quella che colpì Atene nel 430-429 a.C. Lo storico greco Tucidide descrisse con attenzione i sintomi e gli effetti della malattia cercando di analizzare le motivazioni e le conseguenze dell’epidemia.

La peste non risparmiò nemmeno Roma. Nel 166 d.C., terminate le campagne militari orientali contro i Parti, le armate romane vincitrici portarono nei territori dell’Impero un’epidemia di peste che decimò di un quarto o di un terzo la popolazione e che forse causò nel 180 d.C. anche la morte dell’imperatore Marco Aurelio.
Tra 260 e 270 d.C. altre due pestilenze si propagarono tra le fila dell’esercito romano degli imperatori Valeriano e Claudio II in lotta contro i Barbari che premevano sui confini dell’impero.

La peste che colpì l’Europa tra 1347 e 1351 è stata l’epidemia peggiore e più famosa della storia.
Migliaia di persone si ammalarono e morirono nello spazio di qualche giorno o poche ore. Il nemico che generava queste morti improvvise era invisibile e si manifestava tramite sintomi devastanti come una forte febbre e la comparsa di bubboni neri, da cui si attribuì il nome di Morte Nera o peste bubbonica all’epidemia.
L’epidemia arrivò in Europa attraverso le rotte commerciali con l’Oriente. Nacque probabilmente negli anni venti del XIV secolo nel Deserto del Gobi, dove un batterio insediato nel sangue dei topi neri veniva trasportato agli uomini da una particolare specie di pulci parassite.

Grazie all’abbondanza di documentazione scritta possiamo seguire il percorso della peste mentre travolgeva le regioni dell’Asia e dell’Europa. Il morbo fu portato dai Mongoli negli anni trenta del Trecento dal Gobi alla Cina e nelle pianure dei fiumi russi Volga e Don.

Nel 1347, durante l’assedio di Caffa, importante colonia e scalo commerciale genovese in Crimea, il khan tartaro Gan Bek fece lanciare dei cadaveri infetti all’interno delle mura cittadine, iniziando il contagio. Fu in questo momento che gli intensificati scambi commerciali europei con l’Asia divennero il veicolo di propagazione dell’epidemia.

Le navi genovesi di ritorno in Europa dai commerci con l’Oriente trasportarono la peste prima nel porto di Costantinopoli e poi a Messina. Genova rifiutò di accogliere le proprie navi infette, che ripiegarono su Marsiglia, spargendo il contagio in tutti i porti principali del Mar Mediterraneo.
La peste trovò un’Europa già in difficoltà. Le cause della diffusione capillare del morbo vanno rintracciate in una serie di avvenimenti precedenti il 1347.

Numerose carestie colpirono l’Europa in seguito a un abbassamento improvviso delle temperature nel XIV secolo. La malnutrizione portò a un calo demografico e a un indebolimento delle persone, che insieme alle scarse condizioni igieniche determinò la rapida diffusione dell’epidemia.
Agli inizi del 1348 la peste raggiunse l’entroterra e città come Parigi e Londra.
La mortalità fu altissima e almeno un terzo della popolazione europea morì.
Gli uomini del XIV secolo non avevano infatti alcuna idea delle vere cause dell’epidemia. I medici credevano che la malattia fosse dovuta all’aria calda e umida che alterava gli umori del corpo umano, che venivano modificati facendo salassi e purghe.

Nel 1629 la peste fu portata nel Nord Italia, controllato dal Sacro Romano Impero, dai Lanzichenecchi scesi dalla Germania per sedare i tumulti generati dai mendicanti e dai vagabondi, che avevano preso d’assalto le città per cercare condizioni migliori rispetto alle campagne colpite da una carestia.

Noi ricordiamo in particolar le epidemie raccontate nei capolavori della letteratura italiana. La peste bubbonica che colpì l’Italia tra il 1629 e il 1633, descritta con minuzia di particolari ne I Promessi Sposi e nella Storia della colonna infame di Alessandro Manzoni, uccise decine di centinaia di migliaia di persone in prevalenza nel nord Italia, perché arrivata con la discesa nella pianura Padana dell’esercito dei Lanzichenecchi.
Più tremenda ancora fu la “peste nera” che tra il 1347 e il 1352 causò la scomparsa di un terzo della popolazione europea. Trasmessa dalle pulci dei topi, fu il “pretesto” letterario usato da Boccaccio per far raccontare ai suoi personaggi le novelle del Decamerone.

Negli Stati Uniti la malattia è giunta nel XIX secolo, con l’intensificarsi delle rotte commerciali verso Paesi dove la peste era endemica all’epoca, ma l’ultima epidemia si è conclusa tra il 1924-25 a Los Angeles.
Oltre che in Madagascar, anche in Uganda, Sudafrica, Repubblica Democratica del Congo, Tanzania sono stati riportati casi di peste. Epidemie hanno interessato Kenia, Tanzania, Zaire, Mozambico, Botswana.
In Sudamerica la malattia è presente in alcune zone delle Ande in Bolivia, Perù ed Ecuador e in Brasile.
Il periodo di incubazione della peste polmonare dura meno di due giorni: già dopo 24 ore dall’esposizione ai batteri si possono manifestare i sintomi: all’inizio debolezza generale, difficoltà respiratorie, dolore al torace, febbre, e mal di testa. In seguito si può sviluppare rapidamente una polmonite acuta, con espettorato di sangue durante la tosse. In questa forma non compaiono i bubboni.
La diagnosi si fa analizzando un campione del liquido prelevato dalle vie aeree con una sonda inserita dal naso o dalla bocca.

In caso positivo si deve intervenire entro pochi giorni dalla comparsa della malattia con antibiotici specifici, quali aminoglicosidici, fluorochinoloni, sulfonamidi e infusioni di liquido fisiologico.
Il Ministero della Salute avverte che “la peste è una malattia endemica in Madagascar: casi, principalmente di peste bubbonica, sono segnalati quasi ogni anno, durante la stagione epidemica, fra settembre e aprile. Tuttavia, l’evento di peste polmonare in corso è stato segnalato in un’area non endemica e per la prima volta in città densamente popolate”.

Anche se secondo l’OMS il rischio di diffusione internazionale della peste è molto basso, si raccomanda a chi si reca in aree rurali di regioni in cui la peste è endemica, specialmente se campeggiano o cacciano, di evitare il contatto con roditori, animali morti, tessuti o materiali.
Per proteggersi dalle punture delle pulci, bisogna dotarsi di repellenti (lozioni o spray) contro le zanzare, che possono difendere anche da altri insetti che si nutrono di sangue, a base di principi attivi come DEET, IR3535, Icaridin o Picaridin.




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